“Lecce sotterranea” di Cosimo De Giorgi (1907)

Secondo appuntamento con la nostra rubrica Cent’anni di solitudine che va alla scoperta di libri pubblicati circa un secolo fa sulla Puglia e non solo. Tra i volumi sulla storia del territorio pugliese proponiamo questo mese alcuni stralci del volume Lecce sotterranea di Cosimo De Giorgi, pubblicato dallo Stabilimento Tipografico Giurdignano nel 1907. Nell’opera l’autore traccia i risultati di alcuni importanti scavi archeologici nella città di Lecce da lui diretti, riporta scritti di autori antichi e riflette sull’indifferenza di taluni amministratori pubblici circa la tutela degli scavi archeologici…

«Nel gennaio del 1900 si diè principio alla demolizione delle case che formavano la così detta Isola del Governatore, fra le due Piazze S. Oronzo e Vittorio Emanuele II, perché in quel sito doveva sorgere il nuovo palazzo della Banca d’Italia. Appena compiuto l’abbattimento e incominciato lo scavo dei sotterranei, apparvero le prime costruzioni a grandi massi squadrati, analoghe a quelle già osservate in Piazza degli Ammirati, in Via degli Acaja ed altrove. Questo fatto richiamò la mia attenzione come R. Ispettore dei monumenti; e il Sindaco di quel tempo Cav. Avv. Carlo Russi volle affidarmi l’onorifico incarico di dirigere e sorvegliare gli scavi, raccoglier tutti i documenti di fatto man mano che fossero venuti alla luce, ed a lavoro compiuto fargliene una relazione. […]

Nel settembre del 1901, atterrato il palazzo del Comm. Enrico De Simone, comparvero i primi tre archi del portico esterno del nostro Anfiteatro e l’ambulatorio retrostante e i corridoi convergenti verso l’arena. Fu una luce inaspettata che si proiettò sulle costruzioni antiche osservate sotto al Palazzo della Banca e in altri punti di questa città, e fu il caposaldo per tutte le successive ricerche. Le demolizioni però subirono una interruzione per circa due anni e furono riprese soltanto nel gennaio 1904.

Allora, sotto le case dei Sig. Capone e Guerra, apparvero gli altri archi del portico esterno, e l’ambulatorio retrostante.

Si volevano abbattere anche questi: ma io mi opposi con tutte le mie forze e chiesi l’ausilio del Prefetto della Provincia […] e del Commissario prefettizio pel Comune di Lecce, Cav. Re; ed entrambi spiegarono il più vivo interesse per la conservazione di questo monumento del quale io avevo intraveduto l’importanza sin dal primo avanzo osservato sotto la casa De Simone; avanzo che non mi era riuscito di salvare da una rapida e vandalica demolizione» (pp. VII-VIII).

«Vi è stato in Terra d’Otranto un lungo periodo di tempo, dal XVI al XVIII secolo, nel quale la smania di far risalire le origini di ogni città e borgata alla più remota antichità, invase la mente dei nostri eruditi al punto che ciascuno di essi fece a gara nel foggiare le leggende le più strane e più ridicole. Dove mancavano i documenti si cercò l’origine nella etimologia dei nomi locali. E così Erchie e Racale fecero discendere dal mito di Ercole; Mottola da un Metello proconsole degli Japigi, Massafra da una massa di Africani venuti con Annibale in soccorso dei Tarentini contro i Romani, Oria dai Cretesi guidati da Japige figlio di Dedalo, Nardò dai Coni discendenti dagli Enotri, Lecce da Malenno, figlio di Dasumno, re dei Sallentini. […] È necessario quindi rifare il cammino tenendo a guida l’esame dei documenti tramandatici dagli antichi geografi greci e latini e quello dei monumenti, alcuni dei quali sono poco conosciuti perché non sono stati mai descritti sin qui da nessuno» (pp. 5-6).

«Farà certamente maraviglia il pensare che dell’antica città messapica e poi romana di Lecce non restino oggi che pochi avanzi sepolti sotto le nuove abitazioni. […] Vi sono stati periodi di tempo nei quali la febbre delle demolizioni e delle ricostruzioni di nuovi quartieri, degli sventramenti e dei rinnovamenti edilizii, è stata più acuta e più contagiosa; ha invaso i cervelli dei pubblici amministratori, e si è propagata giù giù sino alle masse popolari. In questi casi si è corso alla cieca distruggendo tutto, senza dar tempo ad una esplorazione scientifica indirizzata allo scopo di ricavar qualche luce sulla topografia delle nostre antiche città. […] Dobbiamo […] confessare che una esplorazione condotta con metodo razionale non è mai stata fatta né in Lecce, né in Taranto» (pp. 86-89).