L’anticlericalismo su «Il Tribuno Salentino» nel 1909
L’anticlericalismo, ha rappresentato per alcuni decenni della storia d’Italia, e in particolare agli inizi del Novecento, una parte consistente del dibattito politico nazionale e locale (si pensi alle posizioni, tra gli altri, di Gaetano Salvemini). In questo numero vogliamo riproporre alcuni stralci di articoli pubblicati esattamente cento anni fa da un periodico leccese, «Il Tribuno Salentino», d’ispirazione repubblicana e promotore del «blocco popolare» tra il 1908 e il 1910. Gli stralci sono tratti da un saggio di Carmel Bredariol inserito nel secondo tomo degli Studi in onore di Mario Marti (Congedo, Galatina 1981). Notevoli gli spunti di riflessione, che specialmente negli ultimi due brani accarezzano da vicino l’attualità dei nostri giorni. Il secondo brano approfondisce invece gli aspetti di preciso impegno politico, e non di vuota propaganda, del «blocco popolare» nel Salento: laicità dello Stato, abolizione del Fondo per il Culto e dell’insegnamento religioso nelle scuole, introduzione del matrimonio civile e del divorzio.
«Ai preti, ai frati, alle suore, ai clericali di Lecce non basta […] il monopolio della direzione, o dell’amministrazione – o di tutte e due le cose – degli istituti di beneficenza e assistenza pubblica […]. Non basta più la larga tolleranza da parte di tutte le autorità – politiche, scolastiche e sanitarie – delle loro scuole, per la istruzione elementare e secondaria, e dei loro convitti privati […]. Non basta la supina tolleranza dell’autorità politica della provincia per la ricostituzione che essi vanno compiendo qui, come nel resto d’Italia, lentamente, ma pure audacemente, sotto gli occhi di tutti, delle soppresse corporazioni religiose, e della soppressa manomorta […]. Non basta tutto ciò, tanto dominio, vero, reale nella vita privata e pubblica, cittadina e provinciale […]. Vogliono i clericali affidate a uomini di parte loro […] le pubbliche amministrazioni – Congregazioni di Carità, Comune, Provincia […]. Vogliono i clericali, ormai anche avere il deputato politico, non ancora di parte loro, ma con loro compromesso, almeno segretamente, per agevolare, per ora, il graduale impossessamento di tutti gli organi della pubblica amministrazione […]. Ed è superfluo dire […] che l’avanzata – sia pure coperta, cauta, abile – dei clericali, importa la più grave minaccia a tutte le conquiste della rivoluzione italiana che sono conquiste della civiltà e del progresso» (12/2/1909).
«E più di tutto opera educativa anticlericale va fatta tra il nostro popolo, al quale bisogna far ben capire che l’anticlericalismo come noi l’intendiamo […] è insieme azione politica in quanto ha riferimento al contegno del governo e dei partiti nei loro rapporti con la Chiesa; azione nella finanza pubblica per ciò che riguarda gli stanziamenti degli onorari pel culto speciale e le amministrazioni del patrimonio ecclesiastico; azione morale per riguardo all’indirizzo educativo da parte dello Stato […]; non opera di persecuzione del sentimento religioso sia pure cristiano, ma opera di difesa contro l’organizzazione clericale che, se vittoriosa, ci riporterebbe nuovamente l’inquisizione, la miseria e l’ignoranza dei tempi del suo dominio» (28/5/1909).
«Il Vaticano disdegna di appoggiare coloro che pur essendo credenti non intendono di uniformare la loro azione agli ordini che piovono dall’alto e regolano la loro condotta secondo la propria coscienza. Il Vaticano preferisce il deputato devoto ma prono ai voleri del Papa anziché il deputato religioso e indipendente» (26/2/1909).
«Or noi non abbiamo pregiudizi di sorta, i quali ci vietino di accostarci a questo o a quel gruppo politico per un fine determinato e preciso; tuttavia non eccessiva fiducia abbiamo in intese troppo larghe, fatte per fini eccessivamente generici. Esse assai spesso servono per paralizzare l’azione dei singoli gruppi che all’intesa accedono […] e riescono a snaturare ogni partito, facendogli perdere – a via di rinunzie e compromessi – la propria fisionomia. Or qui da noi, ove appena si inizia la educazione politica, occorre invece che l’azione singola dei partiti si venga sempre più specificando» (2/4/1909).