“Le relazioni commerciali di Venezia con la Puglia” (1925)
Per il nuovo appuntamento mensile con la rubrica Cent’anni di solitudine, che riscopre alcuni volumi della storia della Puglia pubblicati circa un secolo fa, presentiamo Le relazioni commerciali di Venezia con la Puglia: è questo infatti il titolo del libro pubblicato nel 1925 dalla gloriosa casa editrice di Valdemaro Vecchi a Trani e del quale proponiamo in questo numero alcuni stralci. Si tratta di un volumetto di 64 pagine scritto dal dott. Marino Colangelo, con un’appendice di documenti inediti tratti dall’Archivio di Stato di Venezia, attestanti i rapporti commerciali tra le due estremità dell’Adriatico occidentale negli ultimi secoli del Medioevo. Di particolare interesse sono le parole riguardanti Federico II di Svevia, della cui figura gli storici pugliesi sono tornati a occuparsi proprio nelle ultime settimane, e sull’opportunismo della Repubblica veneta nei rapporti con il Meridione d’Italia e la Puglia in particolare.
«Uno studio che rivendichi alla terra pugliese la parte importante che essa prese nello sviluppo economico e nelle complicazioni politiche dell’Italia meridionale negli ultimi secoli del medioevo, è vivamente desiderato. Né credo che, almeno per ora, il desiderio degli studiosi possa venire appagato, perché le notizie al riguardo non sono che frammentarie, e mentre l’Archivio di Stato di Venezia possiede una massa copiosa di documenti riguardanti le nostre terre, gli Archivi municipali pugliesi, al contrario, poco o nulla offrono all’interesse dei detti».
«Le relazioni economiche, così bene avviate, tra la Repubblica veneta e la Puglia, sotto i Normanni e gli Svevi, continuarono maggiormente nei tempi successivi. E poiché i documenti da noi presi ad esaminare appartengono all’epoca dei successori di Federigo II, crediamo bene di fermarci alquanto ad osservare l’opera compiuta dal grande Monarca a favore della Puglia, per spiegarci il perché dell’accrescersi delle relazioni economiche fra i due paesi e il gran concorso di mercanti esteri e italiani in questa regione, fin dalla prima metà del secolo XIII. Durante il governo di Tancredi, ultimo re normanno, e di Arrigo VI di Svevia, le leggi e le ultime riforme introdotte da Ruggiero e Guglielmo I erano cadute nell’oblio, venendo sostituite da soprusi, da usurpazioni di terre e di poteri, da ladroneggi e piraterie.[…] Tralasciando da banda tutte le altre disposizioni, un cenno in quelle d’indole economica ci farà conoscere a quale grandezza sarebbe arrivata l’Italia meridionale se contro il Grande Federigo la politica pontificia, sempre pronta a schiacciare il capo di quell’uomo, che un giorno forse avrebbe potuto radunare insieme le sparse membra d’Italia, non avesse suscitato contro di lui ogni sorta di ostacoli e nemici. Pensando quanto vantaggio apportassero al commercio pugliese gli ebrei, il legislatore li trattò generosamente e, stante la tolleranza delle sue leggi riguardo ai forestieri, ordinò ai giustizieri e camerarii che i mercanti i quali tranquillamente attendessero ai loro traffici salubriter et quiete quantunque di città nemiche, dovessero considerarsi come neutrali e perciò non fossero trattati come le leggi della guerra trattano i nemici. E poiché comprese che il commercio progredisce per mezzo degli scambi, pose gran cura nei mercati e nelle fiere, delle quali molte ne furono istituite nel 1234 nei principali e più acconci luoghi del Regno. […] Inoltre l’interesse per la Puglia spinse Federigo a pensare al traffico con l’Oriente, stringendo accordi amichevoli coi principi musulmani».
«Il trattato infatti che seguì immediatamente alle proposte pontificie mostra tali concessioni da parte del Pontefice ai veneziani nella Puglia, ch’essi, coerenti sempre alla loro politica di particolari interessi, dovevano cedere alle insistenze pontificie. Quando si consideri che a far parte della lega erano entrati genovesi, pisani e veneziani contro il Re di Sicilia non si può non biasimare la condotta papale pel gran danno economico che ne veniva agli operosi abitanti delle costiere di Puglia, frequentate soprattutto da mercanti pisani, genovesi e veneziani».
«Ma più oltre andarono ancora nelle pretese i veneziani, i quali si facevano pagare a caro prezzo la loro neutralità nella guerra spietata che contro Manfredi moveva il Pontefice. Essi, difatti, col medesimo trattato, ottengono di poter tenere consoli a Bari, a Trani e in tutti gli altri luoghi del Regno; che i regnicoli potranno trasportare sale e bombace come prodotti del Regno da Zara e da Ancona in giù a Venezia, in pena della confisca del carico ad arbitrio del Doge e del Comune».