Perplessità sul nuovo Premio letterario “Città di Bari – Pinuccio Tatarella”

Sorto nel 1998 per iniziativa di Giuseppe Tatarella (all’epoca Assessore al Mediterraneo) e giunto alla sua tredicesima edizione, il più rinomato premio letterario pugliese si rinnova, destando più di un dubbio tra gli addetti ai lavori del mondo editoriale… Nulla da eccepire sulla nuova denominazione Premio Letterario Città di Bari – Pinuccio Tatarella, dalla quale scompare la ridondante specificazione “costiera del Levante”, né sulla scelta di aprire la Giuria dei Lettori agli studenti degli istituti superiori, oltre che delle altre Università pugliesi (onore che prima spettava ai soli iscritti all’Ateneo barese).

Veniamo, dunque, ai punti dolenti. Le opere che entreranno a far parte della cinquina dei finalisti non saranno più selezionate tra quelle inviate dagli editori, ma direttamente proposte dai giurati: è probabile che a contendersi il Premio saranno i soliti autori blasonati e le case editrici più prestigiose, che riescono con un marketing intensivo a imporre le proprie pubblicazioni all’attenzione di pubblico e critica.

Come se non bastasse, le quattrocento copie per ognuno dei finalisti, destinate alla Giuria dei Lettori, non verranno più acquistate dal Comune di Bari, ma chieste in dono agli editori. È bene sottolineare che, per una casa editrice medio-piccola, quattrocento copie possono corrispondere a buona parte della prima tiratura, per cui quello che rappresentava un incentivo alla partecipazione al Premio (la possibilità di vendere un cospicuo numero di testi), diventa ora un deterrente (l’onere di donarli)… Chiaramente anche in questo caso si finisce per avvantaggiare i colossi editoriali!

Inutile dire che in Puglia le case editrici hanno spesso dimensioni ridotte e forti difficoltà di bilancio (continuiamo a essere tra le ultime regioni per numero di lettori), per cui saranno le prime a venire indirettamente escluse dalla partecipazione al Premio Letterario Città di Bari, e che quest’ultimo rischia di perdere la sua reale valenza culturale: portare alla ribalta piccoli capolavori editoriali altrimenti destinati all’anonimato.

Giovanni Turi