“Le ragioni del fobantropo” di Domenico Mezzina

Tredicesimo volume della collana di ricerche letterarie Officina, diretta da Daniele Maria Pegorari per i tipi di Stilo Editrice, Le ragioni del fobantropo. Studio sull’opera di Guido Morselli (pp. 271, euro 18) è il raffinato e appassionato contributo critico che Domenico Mezzina dedica a una figura di prim’ordine del Novecento letterario italiano. Mezzina – già studioso di narrativa italiana postmodernista, con recente attenzione rivolta ai caratteri del romanzo storico degli anni Zero – delinea un percorso che ricompone con lucidità le tracce di una vicenda intellettuale davvero complessa, offrendo criteri di orientamento all’interno di una mole considerevole di materiali, il tutto senza mai prescindere dall’urgenza testuale.

E veniamo dunque alla scelta di presentare l’opera di Morselli secondo una bipartizione funzionale, che poi rimanda alla struttura stessa del libro. La prima parte del volume è infatti dedicata alla produzione saggistica, e qui lo studioso attua un vero e proprio inseguimento del pensiero dell’autore, ricomponendo per noi i tasselli di una sorta di zibaldone ideale, stratificato tra saggi in senso stretto, editi e inediti, interventi giornalistici e scrittura diaristica. È un lavoro di ricostruzione che rende conto con grande minuzia proprio di quelle “ragioni” che hanno contribuito a definire in chiave eterodossa il pensatore Morselli rispetto agli intellettuali del suo tempo, sviluppando nodi di grande interesse e profondità analitica.

Alla scrittura filosofica, serenamente caratterizzata dal perseguimento di un equilibrio razionalizzante, risponde poi la produzione narrativa, trattata separatamente nella seconda e ultima parte del volume. La polarizzazione tra saggistica e narrativa – che non fa tuttavia a meno di avvalersi di utili intersezioni e rimandi intratestuali – si rivela una scelta particolarmente felice. Essa finisce per rappresentare, e in maniera molto efficace, alcune costanti ravvisabili nella stessa vicenda morselliana: la divaricazione dubbiosa, la dolorosa constatazione della contrapposizione tra ideale e reale e, ancora, tra la tendenza conciliativa del pensiero e l’irriducibilità dell’esistenza. Ecco come la narrativa, destinata in buona parte ad assorbire le conquiste filosofiche dell’autore, si rivela però soprattutto il luogo di un continuo sfaldamento, della “pura ipotesi” che si impone sulle tematizzazioni speculative e ideologiche. Basti pensare alla molteplicità di questioni aperte dal rapporto dell’autore con la storia – ora oggetto di una proiezione futuribile, ora di una revisione in chiave contro-fattuale, e infine sospinta nello scenario apocalittico della scomparsa del genere umano. Ne deriva la messa in discussione della presunta razionalità del reale, suscettibile di essere corretta per il tramite della fiction; o ancora l’irrealtà di un mondo che sopravvive solo nella percezione soggettiva, come estrema conseguenza dell’antropocentrismo contemporaneo. L’intera produzione narrativa di Morselli, come già quella filosofica, è scandagliata da Mezzina con l’accento posto sulla nascita e sull’evoluzione dei suoi temi e delle sue figure più significative: dall’interpretazione del “romanzo di crisi” delle prime prove romanzesche, passando per il confronto problematico con l’ideologia marxista incarnato da Il Comunista, in un itinerario che conduce fino agli ultimi, interessantissimi, esiti del capolavoro Dissipatio H.G.

Guido Morselli è stato un intellettuale tanto prolifico quanto isolato, destinato a riscuotere solo post mortem l’attenzione della comunità letteraria che in vita aveva ricercato invano; eppure l’isolamento – sembra sottolineare Mezzina – frutto di una propensione esistenziale e insieme dell’indifferenza editoriale di cui fu vittima, non ha impedito a Morselli di prendere parte ‘a distanza’ alle questioni che hanno animato il dibattito letterario e filosofico del suo tempo. Si potrebbe forse leggere l’intera opera dell’autore come un unico, lungo, processo di sedimentazione speculativa che ha trovato espressione in un cantiere inesauribile di scritture, tra fiction e autobiografismo, scrittura teorica e prassi narrativa, realismo analitico e pessimismo storico. Un percorso che vale certamente la pena d’interrogare e alla cui scoperta (o riscoperta) questo bel volume di Mezzina offre un generoso e rigoroso contributo.

Serena Di Lecce