“Il corpo estraneo” di Marco Montanaro

L’ultimo romanzo di Marco Montanaro, Il corpo estraneo (Caratteri Mobili, pp. 112, euro 12), è interamente attraversato da un senso cupo di disfatta e insofferenza, verso la vita, ma anche verso il potere: «L’auto blu sale con una gomma sul marciapiede. Qualche fischio, ma sono soprattutto gli sguardi della gente, se c’è una via di mezzo tra indignazione e rassegnazione, io la vedo, la sento adesso come il profumo amarognolo di questo paesino del cazzo». Il “corpo estraneo” è allora non solo quello di Danilo, protagonista erotomane che non ha più il controllo dei suoi impulsi e della sua fisicità, ma anche quello della nazione, inerte e inerme mentre speculazioni e traffici di ogni sorta ne corrodono la carne viva. Un sistema che Danilo sente estraneo eppure contribuisce ad alimentare con i suoi servigi allo zio senatore e faccendiere; per lo meno finché la situazione non si complica, ponendolo dinanzi a una scelta che si rivela illusoria già nel sottotitolo: Una tragedia on the road. «Se vuoi cambiare le cose, finisci per mettere i piedi nella merda, ma nessuno è pulito davvero, siamo tutti sporchi» e il guano è la sabbia mobile che ha iniziato a inghiottire il protagonista quando ancora bambino ha perso sua madre, o quando l’amicizia con Noël si è trasformata in qualcosa di torbido, o quando il padre ha deciso di rifarsi una vita in Brasile, o, ancora, quando lo zio lo ha “reclutato” nei suoi giri d’affari premurandosi anche di fornirgli una copertura plausibile. E forse anche la mano che gli tende la ragazza «che sembra un apostrofo» per tirarlo fuori dal pantano giunge troppo tardi.

Marco Montanaro non si cimenta in alcuna analisi politico-sociale, né esprime giudizi o pone interrogativi; si limita a narrare con una prosa sorprendente, franta interiore e scarnificata, chiedendo al lettore (verso cui nutre forse un’eccessiva fiducia) non solo di ricomporre il vissuto di Danilo, che affiora frastagliato in alcuni passi, ma anche di colmare i vuoti e le omissioni che intenzionalmente sostanziano l’opera.

Giovanni Turi