Aleph: “Uomini e no” di Michele Miglionico
Dedicato a Fredric Brown e Barry Longyear
Se avessi dovuto figurarti l’inferno dell’antica mitologia, l’avresti immaginato come questo pianeta. Il tuo cervello si è rifiutato di impararne il nome originario: ti hanno detto che i nativi lo chiamano «Terra», ciascuno nella propria lingua incomprensibile e inarticolabile. Il vostro nome in codice è un asettico, provvisorio «Terranova-83», una delle tante potenziali colonie dell’umanità, e tanto ti basta. Pare l’Inferno perché il neon dell’aria, attraversato dai raggi della gigante rossa, conferisce una luminosità rossastra al cielo e scatena una continua tempesta di fulmini. I tuoi commilitoni riversi sul campo parrebbero solo addormentati, perché è difficile distinguere il colore del vostro sangue umano nelle pozze sotto di loro. Né di quella macchia scura sulla tua tuta, che tieni premuta a stento. Il neon, l’anidride carbonica e il freddo che penetrano ti uccideranno nel giro di un minuto. Non ti è mai parsa così triste l’idea di morire da solo, su un mondo ostile di un altro sistema stellare, con il suo sole rosso e con le sue lune a ricordarti quanto sei lontano da casa.
Secondo il protocollo, vi siete avvicinati troppo alle abitazioni dei civili, anche se in cuor tuo sai quanto sia sterile una distinzione tra i colonizzati che si sono armati per resistere e chi ha scelto di rifugiarsi nella propria dimora. Perciò non ti sorprende più di tanto la vista di un autoctono, non bardato dall’armatura che hai imparato a riconoscere.
Si staglia contro di te. Ti guarda, con tutti i suoi occhi. Pensi che stia godendo nel vederti soffocare e, per orgoglio, non abbassi lo sguardo e cerchi di mantenere un’aria degna, mentre ti accingi a spirare.
Si avvicina a passo svelto. Adesso sei sicuro che voglia infierire su di te. Magari porterà il tuo scalpo come trofeo, a casa, e si farà gagliardo di aver ucciso un invasore con le sue mani. Questo pensiero orribile non ti dà abbastanza energie per scappare, allontanarti o reagire, per non dargli questa soddisfazione.
Stavolta chiudi gli occhi quando si china su di te, in parte perché ti fa ribrezzo guardare questi alieni così da vicino, in parte perché non vuoi vedere che cos’ha in serbo per te, e in parte perché stai perdendo coscienza. Involontariamente li socchiudi e vedi una sua zampa illuminarsi e provi più paura che mai. Se gli sporchi autotrofi stanno vincendo la guerra, è perché hanno un qualche potere “magico” che i vostri scienziati non sono ancora riusciti a definire. Che cosa può farti?
La vista ti si sta annebbiando, quando tutto torna ad avere contorni più definiti e i pensieri si fanno densi e lucidi. D’istinto l’occhio ti cade sulla ferita: la tuta spaziale è integra, anche se si nota una sorta di cucitura a caldo. Non senti più dolore in corrispondenza di quel punto. L’aria nel casco è respirabile.
– Mi… mi hai salvato?
In tutta risposta, lo straniero si alza, continua a guardarti e se ne va con quella che interpreti come dignità, pur non conoscendo i modi di questo popolo. Ti ci vorrà del tempo per capire perché il tuo disumano nemico ha salvato la vita al proprio invasore, e quando ci arriverai, arrossirai di vergogna.
Michele Miglionico è studente presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bari.