“Quattro quarti” di Giulia Dalena
Quattro quarti è sinonimo di unità, segnale di un percorso di elaborazione di fasi diverse. Quattro quarti fa anche parte della terminologia musicale; e la musica è appunto tra gli elementi più presenti nell’opera prima di Giulia Dalena, pubblicata da una casa editrice musicale, le Edizioni Papageno di Bari (pp. 86, euro 10).
Quattro quarti sono i capitoli in cui il volume è suddiviso, oltre a un Intro e a un Fuori spartito: tutti «spicchi di una mela» ai quali corrispondono stili e immagini peculiari, con la parola che si frange man mano che ci si avvicina alla conclusione, dove la prosa (poetica, densa, icasticamente sostenuta) cede il passo ai versi, che possono così disporsi solo dopo aver scoperto, nelle pagine precedenti, tutte le carte utili alla loro interpretazione.
L’attimo in cui scatta il verde di un semaforo è lo stesso in cui ci si apre al mondo: «La paura ha spigoli, punte e coltelli che mi trafiggono. Ma adesso mi sento sfera, potrei sedermi nel cerchio ed entrare. Sfondare la porta dell’insicurezza e fare un passo per sedermi con loro, dove la geometria ha solo curve e centri e fuochi».
Se è vero, come è vero, che «il privato è politico», è qui che ha inizio quello che si potrebbe dire un manifesto politico in forma di poesia. Dalena approda alla consapevolezza («Amo le donne […] perché sanno inventare, perché sanno prendersi cura, perché sanno morire e rinascere»), attraversa il coming-out («Essere o non essere? Nascere o nascondersi? È un’esperienza di dolore che non si compie mai una volta per tutte. Proprio come nascere. Proprio come nascondersi»), supera le «voci-anti», fa i conti con le «pillole di ordinaria omofobia» del compagno di giochi o dell’agente immobiliare.
Il tutto, a Bari. La città che nel 2003 ospitò un gay pride non riuscendo a nominarlo meglio che BariPride, nome «coniato per non urtare la squadrata sensibilità murattiana, una storia da evocare ma non raccontare», quattro ore di parata dove gli striscioni che coprivano i volti man mano si abbassavano, nonostante una «curiosità da reality show» e una «città violenta sudata accalcata morbosa». La stessa città che dedica una strada a un Cancello Rotto e il 93,9% delle rimanenti a uomini. Una città che fa da sfondo alle parole e ai versi dell’autrice, una città in cui sembra difficile ritagliarsi uno spazio «fuori dalla griglia onnivora dell’eterosessualità e del potere maschile», ma dove non mancano esperienze che a questo sistema guardano oltre: come le donne di UnDesiderioInComune, promotrici di recente della raccolta di firme per l’introduzione della doppia preferenza nella legge elettorale regionale, o le altre sigle associative che celebreranno domani, 17 maggio, a Bari, la giornata mondiale contro l’omofobia.
Stefano Savella