“13 sotto il lenzuolo” di Giuliano Pavone
Nell’anno di grazia 1982, poche settimane dopo il Mundial, il giovane Federico Nugnes, universitario a Milano ma originario del fantomatico paese di Sprusciano, nella Puglia meridionale, inizia controvoglia un lavoro stagionale nell’unico albergo dei dintorni prima di tornare a fare la solita vita di studente squinternato. Il nome dell’albergo è già di per sé un compendio degli anni Ottanta: Hotel Paradise. Un luogo che sembra fatto apposta per ospitare la troupe (o, per dirla con il proprietario dell’albergo, la truppa) di una commedia sexy di quegli anni, che com’è noto privilegiavano proprio località pugliesi, magari a basso costo, come Trani o Martina Franca. Quando il trash si chiamava ancora commedia, le tv locali trasmettevano “liberamente” sempre gli stessi film, e le domeniche si passavano ad ascoltare Ameri e Ciotti a Tutto il calcio minuto per minuto, con un occhio alla schedina: è questo in sintesi il passaggio storico in cui Giuliano Pavone ambienta il suo secondo romanzo, 13 sotto il lenzuolo (Marsilio, pp. 220, euro 16), che in comune col suo esordio, L’eroe dei due mari (da poco disponibile anche in versione graphic novel), ha in comune un certo ricordo del calcio che fu, che di questo romanzo occupa però solo la seconda parte.
In dodici giorni (ognuno per ogni capitolo del libro, escluso l’ultimo), la vita di Federico Nugnes scorrerà prevalentemente intorno a quella troupe messa su senza troppe pretese, per confezionare uno di quei film che sarebbero presto finiti in quella che oggi chiamiamo, con falso pudore, “fascia protetta”: quelli con le pubblicità occulte disseminate apertamente nei luoghi più disparati, quelli con Lino Banfi, attori caduti in disgrazia o caricaturisti all’apice della carriera, ma soprattutto (almeno secondo il “pantheon” dell’autore e della sua generazione) quelli con Edvige Fenech, Gloria Guida (citate nel romanzo) e l’immaginaria Morena Dani. L’arrivo di quest’ultima nella piccola Sprusciano rivoluzionerà i sogni erotici di tutto il paese, e soprattutto di Federico, sempre meno soddisfatto (sessualmente, s’intende) della sua fidanzata Simona.
Federico si ritroverà in quei giorni a vivere scene degne di una commedia sexy anni Ottanta: dal lavoro da intraprendente barista e tuttofare in un albergo a vincitore per scherzo (ma non troppo) di un tredici milionario al Totocalcio: nel mezzo, non poteva mancare il più sfacciatamente classico degli strip tease compiuto da un’ammiccante Morena Dani davanti a due giovani (Federico e l’amico-scudiero Donato), con tanto di sovra-eccitazione del secondo cameratescamente rimproverata dal primo. Una sorta di film nel film, che non sarebbe lo stesso senza immaginarsi al Sud. Un Sud che, come scrive il tarantino Pavone nell’incipit, è come «un trerrote. Avanza, sballonzola, sbuffa. Fa pena, fa simpatia, fa ridere. […] Grosso ma incompiuto, incongruo, asimmetrico. Tre ruote: troppo o troppo poco, vorrei ma non posso, potrei ma non oso».
Stefano Savella