“Corpi di Gloria”: intervista a Giuliana Altamura
Giuliana Altamura, nata a Bari nel 1984, esordisce con una spregiudicatezza e una concentrazione sull’intreccio davvero insolite e Corpi di Gloria (Marsilio, pp. 176, euro 16) è un romanzo che su un pubblico giovane può facilmente fare presa: non solo per l’atmosfera tesa e inquieta generata dall’omicidio che imprime una decisa accelerazione del ritmo, ma anche per i giovani protagonisti che vivono un disagio tutto interiore.
Corpi di Gloria è ambientato in un villaggio estivo della Puglia adriatica, ma il contesto è per lo più semplice sfondo a un intrecciarsi di istinti e mancanze, di traumi che lasciano ferite profonde, ma sui quali Giuliana Altamura non si sofferma mai oltre lo stretto necessario della dimensione narrativa; così sono poco più che cenni quelli alla separazione dei genitori di Andrea e Gloria, ai disturbi alimentari di quest’ultima, al rapporto torbido tra i due fratelli, a una violenza sessuale che esplode e si esaurisce senza strascichi apparenti. Tutto concorre, però, a definire il paesaggio umano in cui i giovani protagonisti sembrano cercare la traiettoria della propria vita: oltre a Gloria e Andrea, l’amico americano di quest’ultimo (Michael), il bulletto Nic, la strafottente Cristina, il delicato Dave. Gli adulti se e quando interferiscono nelle loro esistenze lo fanno solo per portare altro caos.
«Ovunque cumuli di vita fragili e dispersi, ammassati in luoghi così distanti da non incontrarsi mai»: cosa comporta in Corpi di Gloria una tale distanza intergenerazionale, ma anche in fondo tra gli stessi giovani?
Il sentimento della distanza pervade l’intero romanzo. Tutti i suoi personaggi vivono una solitudine estrema, a tratti violenta, persino i ragazzi che pure dovrebbero costituire un gruppo. La mancanza di un moto che possa smuoverli da quella torrida apatia estiva, in cui sembrano essere confinati a vita, è la diretta conseguenza del peso di questa distanza e comporta la perdita del desiderio. Gloria vive lontana dal suo stesso corpo, eternamente in conflitto con se stessa e col mondo che la circonda. Perfino il cielo le sembra troppo distante perché possa spalancarle la possibilità del sogno.
Ambientare il romanzo in Puglia è stata una scelta affettiva o ti serviva a sottolineare l’immobilismo che porta Andrea a “fuggire” a Yale, a spiegare parte del malessere che attanaglia i protagonisti? Credi che nell’ultimo decennio non sia cambiato nulla nella tua regione?
Ho scelto di ambientare il romanzo in Puglia prima di tutto per ragioni autobiografiche: volevo descrivere luoghi che ho sentito e vissuto e dai quali io per prima mi sono allontanata, così come ha fatto Andrea. M’interessava inoltre darne una rappresentazione diversa, più verosimile rispetto all’immagine stereotipata e a tratti macchiettistica tanto diffusa, specie in un certo cinema contemporaneo. Credo che la Puglia sia cresciuta moltissimo dal punto di vista culturale nell’ultimo decennio, ma in Corpi di Gloria la dimensione politica resta da parte per valorizzare invece quella metaforica: l’immobilismo di quei luoghi, illuminati da una luce paralizzante, diventano specchio di quell’eterna estate che è l’adolescenza, un limbo nel quale tutti i miei personaggi restano sospesi in attesa di lasciarlo, di crescere, di scoprire l’ineluttabilità del fuori.
Sei laureata in Lettere moderne e specializzata in Filologia, nonché dottore di ricerca in Discipline Artistiche, Musicali e dello Spettacolo. Cosa ti ha portato a varcare il confine tra studio e pratica letteraria?
Sono sempre stata interessata sia allo studio, diventato poi ricerca scientifica, che alla scrittura. Ho coltivato entrambi in parallelo e sono pratiche che difficilmente riuscirei a disgiungere perché credo possano alimentarsi fruttuosamente a vicenda.
Non è facile per gli esordienti trovare un editore che scommetta su di loro: come sei giunta alla Marsilio?
Devo ringraziare il web. Scrivevo di libri e letteratura su di una rivista on-line e un editor della Marsilio ha particolarmente apprezzato i miei pezzi. Avevo da poco terminato un romanzo e decisi di sfruttare quel fortunato contatto domandandogli se gli andasse di leggere il mio manoscritto. Non era certo il mio primo tentativo: pazienza e perseveranza, alla fine, sono state premiate.
Quali sono i tuoi scrittori di riferimento e quali gli autori pugliesi che segui con maggior interesse?
Fra i miei scrittori preferiti, dovendomi per forza di cose limitare a qualche nome, citerei Samuel Beckett, Thomas Bernhard, Ágota Kristóf. Fra i pugliesi apprezzo molto Nicola Lagioia.