Pugliesi fuorisede/14: intervista a Giuliano Pavone

Giuliano Pavone (1970), giornalista e scrittore, è nato a Taranto e vive a Milano. Dal 1999 a oggi ha pubblicato una quindicina di libri, fra cui due romanzi, entrambi ambientati in Puglia ed entrambi per Marsilio: L’eroe dei due mari (2010) – che si è aggiudicato tre diversi riconoscimenti nell’ambito della narrativa sportiva, e da cui nel 2012 è stata tratta una graphic novel – e 13 sotto il lenzuolo. Dal 2014 tiene corsi di scrittura con sua moglie Lucia Tilde Ingrosso.

Hai scelto abbastanza presto di lasciare la tua città e andare a studiare fuori, a Milano. A cosa era dovuta questa scelta?

Voglia di conoscere il mondo, credo. L’assenza di un’università a Taranto mi spingeva a scegliere fra una città vicina, con la prospettiva di fare il pendolare, e una lontana. Fra le due opzioni ho scelto la seconda, e fra le città lontane ho scelto una delle più lontane, non solo geograficamente.

Quando sei partito per l’università immaginavi di restare a vivere fuori o è semplicemente “successo”?

Quando sono partito per l’università dovevo ancora compiere diciott’anni: a quell’età si pensa davvero a dove si vivrà da lì a vent’anni? Io di sicuro non lo facevo. Ero molto più concentrato sul presente e sul futuro prossimo. Credo che non fossi del tutto consapevole di quanto quella scelta potesse orientare la mia vita, ma allo stesso tempo penso che sotto sotto sapevo che sarebbe andata così. Almeno finora. In futuro, chissà.

Il tuo primo libro è di stampo umoristico, tratto che non hai decisamente mai perso, e si intitola Giovannona Coscialunga a Cannes. Dietro il faceto, però, hai anticipato quella che sarebbe stata una forte ondata di revival di un certo tipo di cinema all’italiana. Come hai fatto a vederci lungo?

Non è uno di quei primati che inorgogliscono le mamme, ma in effetti fui uno dei primi a occuparmi in un certo modo di quel tipo di cinema. Il libro uscì nel 1999, ma l’interesse “scientifico” (fra molte virgolette) per quel tema risale ad almeno cinque anni prima, quando con degli amici partecipai a una specie di conferenza goliardica sulla commedia sexy. Allora solo Marco Giusti diceva certe cose. I Veltroni e i Tarantino vennero dopo e, se Giovannona Coscialunga non andò a Cannes, Quel gran pezzo dell’Ubalda fu proiettato al Festival di Venezia, grazie proprio a Tarantino! Naturalmente il mio scopo non era anticipare una moda o “vederci lungo” (fra l’altro si dice che certe pratiche legate alla visione di quei film accorciassero la vista anziché allungarla…): molto più semplicemente mi è sempre piaciuto mischiare l’alto e il basso, e trovare degli spunti di interesse anche in ciò che generalmente viene ritenuto poco meritevole di approfondimento.

In 13 sotto il lenzuolo il protagonista è un tarantino che viveva a Milano ma poi torna nel suo paesello natio. C’è qualche eco autobiografica in questo romanzo?

Anche in L’eroe dei due mari la storia si svolge in Puglia ma con qualche finestra aperta verso Milano, e ciò ovviamente riflette la mia esperienza personale: mi piace mettere a confronto le due realtà che conosco meglio, e riflettere su come ciascuna guarda all’altra. Detto questo, il protagonista di 13 sotto il lenzuolo, che peraltro non è di Taranto ma di un immaginario paese che si capisce essere non lontano dalla città dei due mari, ha ben poco in comune con me. Fra l’altro è più vecchio di dieci anni, e ha certi atteggiamenti “eticamente disinvolti” che proprio non mi appartengono. Anche se alcune lettrici hanno dato per scontato che si trattasse di un mio alter ego e hanno accusato di maschilismo me per dei comportamenti assunti dal mio personaggio nelle pagine del romanzo.

Il calcio è sicuramente una tua grande passione, che torna in diversi tuoi libri (dall’antologia Pallafatù. Il calcio visto da Taranto a L’eroe dei due mari). Sei un tipo alla Nick Hornby che si eclissa quando ci sono le partite e che decide i viaggi in base al calendario della sua squadra di calcio (ma a proposito, per quale squadra tifi?)?

Assolutamente sì! Tifo per il Taranto, ovviamente.

L’eroe dei due mari ha una storia editoriale particolare: prima ancora di essere pubblicato per Marsilio se ne parlava già, grazie all’interessamento di Tommaso Labranca. Com’è andata questa avventura?

Avevo dato la mia prima bozza del romanzo a degli amici esperti di scrittura perché mi consigliassero come migliorarla in vista dell’invio alle case editrici. Fra loro c’era Tommaso Labranca (un grandissimo, peraltro conosciuto proprio alla conferenza goliardica di cui sopra), che nella sua rubrica sul settimanale “Film TV” parlò del mio testo inedito. Ciò sollevò l’immediato interesse di alcuni editori fra i quali Marsilio, con cui firmai pochi mesi dopo.

Ma il libro non aveva un editore prima di Marsilio?

No: avevo solo, da un paio di mesi, iniziato a inviare il dattiloscritto ad alcuni editori, Marsilio compreso. Ma nessuno mi aveva ancora risposto. Cosa peraltro del tutto normale, visti i tempi elefantiaci dell’editoria.

Prima di dedicarti esclusivamente alla scrittura ti occupavi di bandi e progetti europei. Com’era questo lavoro?

Era un bel lavoro, che fra l’altro mi permetteva di viaggiare tanto. Già da allora però dimostravo la mia predilezione per la scrittura: mi ero specializzato nella stesura dei progetti e – per quanto possa apparire strano – quella competenza “tecnica” mi sarebbe tornata molto utile quando decisi di scrivere un romanzo.

Com’è lavorare sui libri in coppia con tua moglie, Lucia Tilde Ingrosso?

Avere una partner che come te è appassionata e professionista della scrittura è meraviglioso. Ci capiamo, anche nelle nostre “stranezze” da scrittori, ci aiutiamo e ci completiamo. Questo accade indifferentemente per tutti i libri, sia quelli a quattro mani sia quelli che scriviamo ognuno per conto proprio: l’atto della scrittura è sempre individuale, ma tutto il contorno è sempre condiviso, anche per i libri “a solo”.

Avete mai pensato di ritrasferirvi in Puglia?

Sì, soprattutto negli ultimi tempi. Ma una decisione del genere non si prende in astratto: dipende dalle occasioni che la vita ti dà, e dalle condizioni in cui si concretizzerebbe l’eventuale trasferimento. Non si può dire in quale posto sia meglio vivere in assoluto. Al momento pensiamo che il vero privilegio non sia poter vivere in una determinata città anziché in un’altra, ma il potersi spostare con una certa libertà in più luoghi nel corso dell’anno. Un privilegio che da un po’ di tempo a questa parte ci stiamo dando, continuando a fare base a Milano ma allungando i nostri soggiorni in Puglia.

Calcio a parte, qual è la cosa che ti porti più dentro del tuo luogo d’origine?

Durante una recente presentazione mi è stata fatta una domanda simile, e un mio amico si è rammaricato perché non ho parlato della Raffo, che, per chi non lo sa, è la “birra nazionale” di Taranto. Mi dai l’occasione per riparare, quindi rispondo la Raffo! Poi, per non passare per cialtrone assoluto, aggiungo la luce, il mare e i ricordi evocati dai luoghi.

Azzurra Scattarella