“Io e Proust” di Michaël Uras
Io e Proust (Voland, pp. 160, euro 15) è il godibile romanzo d’esordio di Michaël Uras, che sin dalle prime righe scandaglia l’ossessione proustiana del suo protagonista (Jacques Bartel), un giovane francese abituato a mediare la realtà attraverso la letteratura: «Ho sempre avuto un problema con Proust. Fin dall’inizio ho capito che mi avrebbe fatto soffrire. Marcel troneggiava sopra il mio letto di adolescente, fiero, sicuro di sé, accanto al poster del mio calciatore preferito».
La passione letteraria diventa per Jacques prima una causa di turbamento in famiglia (la madre non tarda a scoprire le inclinazioni sessuali di Proust) e un fattore di esclusione sociale (dal momento che pretende di parlarne con gli amici e persino con le ragazze nei momenti di intimità), poi un lavoro (ma come ricercatore finirà per concludere poco) e un motivo di costante dissidio con la lunatica compagna, Mathilde. A salvare Jacques, però, paradossalmente sarà proprio la sua incapacità di confrontarsi con il mondo reale che, quando i sogni di ragazzo si esauriranno, lo porterà a concepirne di nuovi.
A instaurare un parallelo tra Io e Proust e Auto da fé non è solo l’inettitudine stralunata del protagonista, ma contribuiscono anche il costante tono ironico-grottesco, la presenza di figure femminili autoritarie e il finale incendiario. Manca, tuttavia, rispetto al capolavoro di Canetti, la capacità di dare alla narrazione un respiro più ampio, di andare oltre il divertissement. D’altro canto va riconosciuta a Michaël Uras l’invenzione di soluzioni narrative efficaci e originali: per esempio il capitolo IX è l’unico con un narratore in terza persona, che irrompe nel flusso di pensieri e considerazioni di Jacques, così come accade quando il suo amico Marc spiega in un felice “a parte” la sua concezione di lealtà; brillante anche l’idea del protagonista-narratore di compilare il “questionario proustiano” a nome dei suoi conoscenti-personaggi.
Insomma è una lettura piacevole e quale sia il legame con la Puglia è presto detto: la traduzione è di Giacomo Melloni, la curatela invece del martinese Giuseppe Girimonti Greco (che aveva concesso a PugliaLibre una lunga e interessante intervista – parte 1 e parte 2).