“Quando eravamo prede” di Carlo D’Amicis

Quando eravamo prede (minimum fax, pp. 194, euro 14) di Carlo D’Amicis è una favola noir che molto si discosta dal taglio realistico e ironico delle sue ultime opere (La guerra dei cafoni e La battuta perfetta); permane, però, anche qui il desiderio di indagare la contemporaneità e le dinamiche sociali che la caratterizzano.

L’incipit chiarisce subito i contorni dell’allegoria: «In principio erano gli animali, e i cacciatori vivevano della loro morte. […] I cacciatori avevano mani di fango e nomi da bestia. Le proprie generalità le avevano sepolte venendo al mondo, e da quel giorno si facevano chiamare come l’animale a cui, per indole o fisionomia, sentivano di assomigliare». Per l’appunto, il giovane narratore è Agnello, vive con Cagna (sua madre), Toro e Alce (padre biologico il primo, putativo il secondo) all’interno del Cerchio; sono parte di una comunità dedita alla caccia, che si è ritirata in un immenso bosco.

Le loro uniche leggi sono quelle naturali («che non avevano un perché»), sino a quando non giunge una Scimmia – ossia una donna del mondo civilizzato – e gli animali non scompaiono tutti nell’arco di una sola notte: il loro universo inizierà allora a sgretolarsi…

«“L’unica cosa che ci sta rivelando la natura è il suo tentativo di farci fuori! Ci ha reso sterili, ci ha affamato, ci ha messo di fronte alla malattia”.

“E se fossimo stati noi a tradire le sue leggi?”, lo affrontò Toro.

Entrambi sfioravano i due metri. I loro sguardi erano perfettamente allineati.

“Ragione di più per farne di nuove”, concluse Leone rinfoderando la lama dei suoi occhi.»

Carlo D’Amicis presenterà il suo romanzo venerdì 4 luglio, ore 20.30, al Flying Circus di Bari (strada Palazzo di città, 51); a dialogare con lui ci sarà Giovanni Turi.

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