Pugliesi fuorisede/19: intervista a Francesco Oggiano
Francesco Oggiano, 30 anni, è un giornalista professionista. Diplomato al master in giornalismo Iulm-Mediaset, ha collaborato con varie testate, tra cui «IlSole24Ore», TgCom, «Corriere della Sera Magazine», Repubblica.it e Affaritaliani.it. Attualmente vive a Milano, dove segue l’attualità per il sito di Vanity Fair. Ha scritto un libro per Cairo Editore (Beppe Grillo parlante. Luci e ombre sotto le 5 stelle).
Francesco, allora, raccontaci di te: cosa ti ha spinto a venire a Milano, perché hai scelto proprio questa città?
Più che sceglierla, sono stato scelto da lei. Quasi sempre a Milano ci si arriva per cause di forza maggiore. Io ci sono arrivato perché sono stato ammesso alla scuola di giornalismo Iulm-Mediaset nel 2006.
Come descriveresti i primi tempi nella metropoli del nord?
Come tutte le città che non scegli, all’inizio la subisci. La soffri. Poi inizi a capirne i meccanismi. Pian piano la apprezzi, preferendola ad altre città più belle, ma meno di cuore. Perché Milano non ha il mare, non vede il sole e si alza la mattina presto, quasi sempre nervosa. Ma Milano è sempre pronta ad accogliere gli audaci, a dare una prima opportunità, e a volte una seconda, a chi se la merita. Milano è spietata ma giusta. Per questo mi piace.
Sei giornalista e collabori con diverse testate. Hai sempre saputo che questo era ciò che volevi fare?
Ho sempre saputo che lo volevo fare, mai che l’avrei fatto. Sin dall’inizio sono stato abbastanza disilluso e disincantato, vista anche l’abbondanza di pratiche clientelistiche che caratterizzano l’ambiente giornalistico italiano. Ma forse sono state proprio la disillusione e il disincanto che mi hanno permesso di percorrere la strada che volevo, e di osare senza troppo preoccuparmi delle conseguenze. Il fallimento l’avevo già messo in conto. L’àncora che ha legato il mio sogno alla realtà è stata la scuola di giornalismo, vero e unico mezzo non prostitutivo e non classista di accesso alla professione.
Ti occupi di attualità. Se dovessi scegliere la notizia più assurdamente vera di quest’ultimo trimestre, cosa diresti?
Quella di Shayma, una bimba nata da una morta e morta nel reparto nascite. La sua storia inizia il pomeriggio del 24 luglio, a Deir al-Balad, nella Striscia di Gaza. Shayma è dentro il grembo della madre 23enne. Una bomba cade sulla loro casa, la madre si accascia. Arrivano i soccorsi. Alcuni dottori praticano un taglio cesareo sulla pancia della mamma, che ormai ha smesso di respirare, e tirano fuori la piccola. La notizia fa il giro del mondo. Sembra la dimostrazione, vivente, che anche in mezzo all’inferno può nascere la vita. Ma il miracolo è finto e le grida si strozzano quattro giorni dopo. Shayma, che nel frattempo era stata messa in un’incubatrice in un ospedale della Striscia, rimane vittima degli effetti collaterali della guerra. A causa dei bombardamenti l’elettricità va e viene. Il 28 luglio la macchina che mantiene in vita la bimba smette di funzionare a causa di un black-out. In pochi minuti Shayma smette di respirare. La vita in mezzo alla morte si consuma presto.
Segui la vita politica e sociale pugliese o sei più propenso a leggere e approfondire la realtà milanese?
Quando sono a Milano seguo la realtà milanese, ma mantengo sempre un occhio su quello che avviene nel mio paese consultando ogni giorno i blog cittadini, che stanno diventando sempre di più la più preziosa e autorevole fonte d’informazione locale. Appena scendo dalla scaletta dell’aereo che mi ha portato in Puglia però dimentico il «Corriere della Sera» e «Repubblica». Nei giorni in cui sono giù esiste soltanto «La Gazzetta del Mezzogiorno». D’estate il profumo della sua carta è indimenticabile, perché sempre contaminato dalla salsedine di mare.
Quali sono secondo te le qualità che dovrebbe avere un giornalista oggi/ quali sono quelle che tu hai?
Quelle che io cerco di conseguire ogni giorno, e che dovrebbero essere imprescindibili per ogni giornalista sono tre: 1) accuratezza. La rete non perdona. Oggi, grazie agli strumenti di informazione e consultazione libera, chiunque è smentibile nel giro di pochi minuti. 2) indipendenza. Va trovata anzitutto dentro se stessi. Spesso è più forte l’autocensura della censura stessa. 3) imparzialità. Di per sé è irraggiungibile. Ma bisogna tendervi, cercando di far trasparire il meno possibile il proprio punto di vista in quello che si scrive.
Hai scritto un libro sul Movimento 5 stelle, definendolo unico a livello mondiale, nel suo genere, e affascinante come esperimento politico, accostando anche il suo leader a Berlusconi. Ti chiederei, innanzitutto, per quale motivo ti sei appassionato a questa storia e le ragioni di questa ardita somiglianza.
Sin dai tempi dell’Università ero appassionato alla Rete e alla politica. Così iniziai a seguire il blog di Beppe Grillo, che allora era tra i 20 più prestigiosi al mondo. Quando sono diventato giornalista non ho potuto non appassionarmi e iniziare a seguire con i miei articoli una storia che conteneva un sacco di ingredienti esplosivi: un guru della rete, che conosce un comico; un comico, che prima spaccava computer sul palco e adesso apre un blog; un blog che diventa punto di riferimento per migliaia di cittadini; migliaia di cittadini che si uniscono e formano un movimento, ecc.
Accosto il leader (parola più che giusta) del Movimento a Silvio Berlusconi per due aspetti: quello personale e quello mediatico. Grillo e Berlusconi sono entrambi uomini dal carisma fuori dal comune. Sono entrambi due self-made man che hanno eccelso in un determinato campo (la Tv e lo spettacolo), che hanno deciso di scendere in campo e «prestare la propria opera» al servizio dell’Italia. Da autodidatti, si sono affacciati alla politica portando con sé l’immagine di qualcosa di sovversivo e anti-sistema.
Anche l’atteggiamento nei confronti dei media e degli avversari è tanto fuori dal comune quanto comune a entrambi: tutti e due hanno invaso l’Italia con un messaggio veicolato dall’alto, vhs per Berlusconi, post sul blog per Grillo. Ed entrambi hanno sempre evitato il contraddittorio, sia rifiutando le interviste a giornalisti «venduti» (leggi, non loro amici), sia disertando i dibattiti con altri politici.
Queste affermazioni risalgono ad anno fa, quando il libro è uscito. Oggi la pensi ancora così o cosa è cambiato?
Purtroppo Grillo ha continuato a comunicare alla maniera di Berlusconi. Paradossalmente è stato Berlusconi che ha deciso di migliorare la sua comunicazione, decidendo di farsi intervistare da giornalisti che non siano necessariamente suoi dipendenti.
Quando alla tenuta del Movimento, molto è cambiato. Un anno fa i 5 Stelle erano alla vigilia della sfida più difficile: abbandonare lo status di promessa del cambiamento e diventare forza del cambiamento. Finora non ci sono riusciti. Entrati nel palazzo, questi giovani dall’aria onesta ma dalla competenza nulla sono stati soverchiati dai volponi della politica più tradizionale, rimanendo impigliati nelle procedure parlamentari (che non conoscono) e immobili nell’impossibilità di stringere accordi o alleanze (che non fossero quelle decise dall’alto). In più hanno visto incupirsi la loro comunicazione, complici anche le scelte scellerate degli staff nominati dalla Casaleggio Associati.
Come funzionano le vacanze per un dipendente dalle news?
La dieta mediatica si assottiglia, ma non troppo. Si legge (un quotidiano al giorno), si consultano i siti e i social network (almeno una volta al giorno), si controlla la posta (un paio di volte al dì).
Hai in mente di scrivere altri libri, stai già lavorando a qualcosa?
Ho un’idea, ma visto che siamo in trattativa non posso parlarne. Mi spiace.
Azzurra Scattarella