Get Up!/03: Intervista a Stefano Izzo
Stefano Izzo, editor della Narrativa Italiana di Rizzoli, è stato ospite della prima edizione di GET UP! • Svegliamo l’editoria, organizzata da Riga Quarantadue in collaborazione con Laboratori dal Basso nella Mediateca Regionale Pugliese di Bari.
Lei si occupa di valutazione dei testi, di editing, di publishing, di promozione del libro. Cosa predilige di più di questo mestiere?
Il publishing è la parte che preferisco perché si tratta di “pensare i libri” ovvero di capire quale strada percorrere, tra quelle possibili, per raggiungere i lettori. Devi scegliere cosa dire, come e a chi: non c’è una ricetta da seguire, sei tu a selezionare e combinare gli ingredienti. È ogni volta una sfida diversa e ogni volta un brivido, che può trasformarsi in delusione o in successo. L’imprevedibilità di questo mestiere credo sia tra i suoi aspetti più affascinanti e propulsivi.
Nella valutazione di opere di autori non noti, cosa condiziona maggiormente la sua scelta? Una trama avvincente, uno stile originale?
Entrambe le cose, ma sarei bugiardo se non ammettessi che la trama ha un peso un poco maggiore, dal mio punto di vista. Credo che il pubblico gradisca lo stile originale ma quello che desidera di più sono le storie (auspicabilmente raccontate bene, è chiaro). In ogni caso, va detto che tra le centinaia di proposte che arrivano ogni anno, sono molte più le trame avvincenti che le scritture notevoli.
La sua attività di editor le ha mai causato dissapori più o meno gravi con gli autori con i quali si è trovato a lavorare? Ha incontrato autori poco disposti ad accettare i suoi interventi?
Non gravi, ma sono capitati, certo, è inevitabile perché quando ci si confronta su un testo o un argomento non si può sempre avere la stessa opinione. Lo sforzo costante è di evitare tensioni eccessive perché non giova al lavoro da fare insieme. Dopodiché l’ultima parola è quasi sempre quella dell’autore, e nel 99% dei casi il rapporto è stato ottimo, con alcuni c’è un affetto duraturo di cui sono orgoglioso. Sono convinto che una delle doti più importanti che un buon editor dovrebbe avere è la sensibilità emotiva, la capacità di trovare l’empatia coi suoi autori. E quando ci riesci sei felice, ti senti arricchito, dimentichi i sacrifici fatti.
Vista la sua collaborazione con il «Corriere della Sera», oltre che con la prestigiosa rivista «Granta», considera l’attività giornalistica uno strumento di supporto valido per l’editoria? In altre parole, discutere di editoria libraria sui giornali può essere un modo per portare l’attenzione del grande pubblico su tematiche spesso dimenticate?
Sul blog Officina Masterpiece del «Corriere della Sera» e su «la Lettura» ho avuto l’occasione di raccontare almeno in parte il dietro le quinte del lavoro editoriale, cercando di dire anche alcune cose solitamente ritenute scomode, di sfatare certi luoghi comuni. Qualcuno ha capito e apprezzato, altri hanno espresso opinioni anche decisamente discordi. In ogni caso mi ha fatto molto piacere perché trovo che esistano delle mistificazioni, in parte create paradossalmente dall’interno, e credo che condividere le regole del gioco sia un importante presupposto per trovare un punto d’incontro. Gli editori non sono agnelli ma neppure lupi cattivi.
Giovanna Nappi
Per approfondire:
Get Up!/01: Intervista a Riccardo Falcinelli
Get Up!/02: Claudio Ceciarelli spiega cosa significa essere editor