“A sud di Maradona” di Andrea Ferreri

Il calcio degli anni Ottanta è diventato negli ultimi tempi oggetto di “operazioni nostalgia” sempre più frequenti. Sotto l’egida del film cult L’allenatore del pallone, si è moltiplicata la diffusione di testimonianze con le quali raccontare un mondo perduto, quel calcio in cui la dimensione popolare era ancora superiore a quella economica, con la serie A che poteva ancora fregiarsi del titolo di campionato più bello a livello internazionale. Non mancavano, poi, storie dal sapore di una favola, dietro le quali si nascondeva spesso il desiderio di ribalta di un intero territorio fino ad allora rimasto escluso dai grandi palcoscenici, chiuso nella dimensione di “provincia della provincia”, insomma luogo “di serie B”.

Il Lecce che raggiunge per la prima volta il traguardo della serie A, nel 1985, è una di queste favole, e da qui prende avvio il racconto di Andrea Ferreri in A sud di Maradona (Bepress Edizioni, pp. 170, euro 13). E la suggestione iniziale che ha convinto l’autore a ripercorrere le tappe di quel momento storico per tutto il Salento non poteva che arrivare da un luogo in cui il calcio e la sua rappresentazione sembra essere rimasta ferma agli anni Ottanta: il campo profughi palestinese di Dheisheh, a sud di Betlemme, dove in un gruppo di ragazzini che rincorre un pallone ce n’è uno che indossa la maglietta dell’Argentina campione del mondo nel 1986, quella di Diego Armando Maradona.

Il filo dei ricordi che conduce al Lecce delle meraviglie passa inevitabilmente proprio per l’Argentina, la terra di Beto Barbas e Pedro Pablo Pasculli, i due calciatori approdati in Italia proprio in quell’estate del 1985 e che da allora hanno impresso il loro nome nella storia della squadra salentina. Ferreri non si è tuttavia limitato a raccogliere informazioni, a cercare notizie negli archivi, a consultare testimoni di quegli anni: dopo aver intervistato Pasculli, che vive tuttora in Salento, è volato a Buenos Aires per intervistare Barbas, uno dei più dotati numeri 8 della storia del campionato italiano.

Grazie anche ai loro ricordi personali l’autore ha saputo ricostruire la storia di una squadra attraverso alcune stagioni d’oro, e del territorio che grazie ad essa visse uno straordinario momento di esaltazione collettiva. Una storia piena di aneddoti, a partire dall’arrivo di Pasculli, acquistato dal presidente Jurlaro “a scatola chiusa”, in quanto attaccante titolare della nazionale argentina, ma con il disappunto di Eugenio Fascetti, che non poté visionare per tempo i filmati che ritraevano le sue prodezze di oltreoceano. Eppure dopo la prima stagione deludente, terminata con la retrocessione (ma impreziosita dall’impresa della vittoria di Roma che fece perdere lo scudetto ai giallorossi), nulla lasciava immaginare che la favola sarebbe continuata. E invece, dopo soli due anni, ci sarà il ritorno nella massima serie grazie ai gol dei due argentini, e la prima storica salvezza e poi ancora le memorabili vittorie contro la Juventus e nei derby contro il Bari (in un caso proprio grazie a una magistrale punizione di Barbas). Quel Lecce sfornò anche campioni in erba come Antonio Conte e Checco Moriero, e soprattutto riempì gli spalti del Via del Mare ben oltre la capienza consentita. Un’epoca lontanissima se vista con gli occhi di oggi, un mondo forse definitivamente scomparso che sopravvive, però, anche grazie a libri come questo.

Stefano Savella