“Il grande regno dell’emergenza” di Alessandro Raveggi

In un mercato che predilige romanzi disimpegnati, va controcorrente la casa editrice LiberAria pubblicando una selezione di racconti di Alessandro Raveggi e annunciando per il 2017 una raccolta di Orazio Labbate. Quelli riuniti sotto il titolo Il grande regno dell’emergenza (pp. 138, euro 10) sono stati scritti tra il 2009 e il 2015 e la maggior parte sono già apparsi su riviste e quotidiani, online o in antologie; seppur eterogenei emerge tuttavia un tratto comune che li contraddistingue, opportunamente rilevato nell’Introduzione di Luca Ricci, che premette: «Non è dal numero di pagine che si può stabilire la taglia di un oggetto narrativo, e non è esatto continuare a pensare che un racconto breve sia solo un gioco di sottrazioni».

Quelli di Raveggi, infatti, sono spesso racconti che ribaltano la regola delle short stories e creano un microcosmo narrativo espanso; esemplare a riguardo il bel testo di apertura (a cui si ispira l’illustrazione in copertina), I nostri oggetti paterni: in una ventina di pagine vengono ricostruite le parabole esistenziali di quattro fratelli, la conflittualità tra di loro e soprattutto con il carismatico padre, in onore del quale tre di loro si sono riuniti e, assecondando le sue ultime volontà, indossano delle maschere dalle sembianze animali. Una densità che in alcuni racconti tende quasi a far aggrovigliare la scrittura su se stessa, in altri a trovare brillanti sconfinamenti nel surreale e nel grottesco, come in Qualcosa nell’oscurità (presente anche in Panamericana, antologia collettiva curata dallo stesso Raveggi e appena pubblicata da laNuovafrontiera): il protagonista è uno studente bolognese, a Città del Messico per uno scambio interculturale e alle prese con uno strambo cane, con le ricerche sul poeta José Emilio Pacheco e con il fascino di un’attivista politica. Brillano per ironia anche Essi scrivono, una parodia sull’italica ossessione per la scrittura, e Offerta dell’ultimo minuto, in cui un uomo malato è convinto di aver incontrato la Parca pronta a recidere la sua vita su un aereo diretto a Londra. Decisamente da segnalare, infine, Il genio della guerra (già in Toscani maledetti, Piano B edizioni), ambientato nella provincia fiorentina nel tragico agosto ’44 e in cui l’effetto straniante è ottenuto attraverso la narrazione in prima persona di un bambino, e soprattutto Vuole portarti via, racconto breve delicato e potente che segue la fuga di un padre e del suo figlioletto – insieme al primo è forse quello che maggiormente dà la misura del talento di questo versatile scrittore toscano.

Giovanni Turi