“DisAccordi” a cura di Massimo Maurizio

L’interesse per la Russia contemporanea sembra essere legato unicamente alle questioni geopolitiche. Importanti e anzi decisive, naturalmente, per il ruolo internazionale e per un certo protagonismo di quel paese nelle vicende internazionali. Eppure del tutto insufficienti per cogliere aspetti più vari e per certi versi più intimi della società russa del terzo millennio. E ancora una volta, a questo punto, corre in soccorso la poesia. Poesia civile, in particolare, che della vita quotidiana ritaglia un punto di vista rivolto alla collettività, alle questioni aperte, ai conflitti etnici e sociali.

Merito di DisAccordi. Antologia di poesia russa 2003-2016 (Stilo Editrice, pp. 288, euro 16, testo russo a fronte) è proprio quello di squarciare il velo non solo sul modo in cui, dentro i confini del mondo russofono, una serie di poeti e intellettuali si approcciano a determinate questioni, ma soprattutto sulla stessa produzione poetica di anni recentissimi, in gran parte dell’ultimo lustro – alcune liriche riguardano addirittura l’anno in corso – prevalentemente sconosciuta perché mai tradotta ai lettori italiani. Un velo tirato via con violenza, parola-chiave per comprendere l’unità tematica sottesa a questa antologia: la «visione della violenza percepita, sia a livello sociale, politico, personale, psicologico, verbale, culturale, ecc.».

Sono parole del curatore, Massimo Maurizio, ricercatore di Lingua e letteratura russa presso l’Università degli Studi di Torino particolarmente attento alla produzione poetica contemporanea e alla letteratura russa non ufficiale del periodo staliniano. E sono ben ventinove i poeti i cui versi vengono antologizzati in DisAccordi. Non tutti necessariamente residenti nella Federazione Russa, come gli ucraini Pavel Gol’din e Antonina Semenec. Ma tutti cresciuti e maturati in età post-sovietica (la più giovane, Marija Malinovskaja, è nata in Bielorussia nel 1994).

Arduo sintetizzare in poche righe l’ampia varietà di tematiche dei loro versi. Si citano, su tutti, i conflitti bellici: i bombardamenti ad Aleppo e la vita in trincea descritti da Fedor Svarovskij, gli scontri etnici e gli echi della guerra in Afghanistan di Kirill Korcagin, chiaramente anche la stessa Ucraina cui si riferiscono i versi di Grigorij Petuchov. Ma c’è spazio anche per le leggi contro la “propaganda gay” di cui parlano Roman Osminkin e Kirill Medvedev. Ma anche la violenza cieca delle periferie urbane (Denis Larionov) e quella contro le donne (Marija Stepanova). Ma su tutti, per trasmettere in poche parole un’idea della poesia civile russa contemporanea, appaiono particolarmente evocativi questi versi di Elena Fanajlova: «Ti ucciderà questo (mio) paese / La sua matematica bellica / I suoi servizi segreti / Le sue illusioni e i suoi costrutti / La sua mancanza di principi / La sua falsa ripugnanza / Ma a me piace la tua rabbia».

Stefano Savella