Poesia qualepoesia/01: Apertura per salti e altro dire
Rubrica a cura di Francesco Aprile
Casa di un nocciolo dei corpi, il mitologema meridiano, nodo strutturale di una poiesi tagliata di bianchezza di luce, di apertura orizzontale, la lingua in movimento della poesia presenta lo slargo, l’apertura di un discorso che qui si vuole cogliere senza l’armamentario irreggimentato del dover dire, ma con quello del poter collezionare buchi, sprofondamenti, salti più che progressioni. Si tratta di un itinerario sulla poesia (ma quale poesia?) pugliese, una indagine sullo stato di un corpo attivo, ma anche su un corpo dimenticato. L’intenzione procede per squarci. L’organicità saprà costituirsi in chiusura di rubrica, intanto l’apertura è un salto nell’origine di questo discorso.
Se c’è un corpo dimenticato è quella condizione in cui la parola poetica si esprime al di fuori della pagina o delle modalità tradizionali. È dunque una indagine sulla poesia pugliese che si è espressa nel tempo secondo forme altre, fuori dalla pagina, ma anche dentro. Altri mezzi hanno connotato la pratica poetica (si pensi ad autori come Perfetti, Dòdaro, Piemontese). L’allargamento dei materiali, all’interno della poesia visiva, ha permesso l’estensione della parola e il suo sconfinamento lungo altri territori. Tale sconfinamento ha rafforzato la parola stessa legandola al farsi nuovo dell’attore sociale. Altra tappa vede la parola farsi installativa, conquistando lo spazio, ma uno spazio ancora diverso, attraversato da articolazioni differenti da quello della pagina (Lagalla, Liuzzi, Bucci). O ancora il verso, affidato al libro, si apre alla mescidazione, all’incrocio, all’azione dei media sulla parola, per altra pianificazione del testo (Dòdaro, Mansueto, Liuzzi). Collante dei materiali poetici più disparati, il corpo, veicola l’azione. Seguendo altre direttrici, è lo spazio del corpo che si vuole testimoniare nella poesia pugliese. Altri autori hanno affidato la parola al verso, al libro, alla pagina, manifestando il lavorìo costante e costoso, perché dispendioso, del corpo sulla parola, nel farsi del corpo della stessa (Verri, Ruggeri). L’incisione materica del verso esplode sulla pagina, come glifi sulle facciate di monumenti. Il piano cronologico della rubrica taglia un arco di tempo che dagli anni ‘60, seguendo le indicazioni sopracitate, arriva a questi primi scampoli di terzo millennio. In questo senso si produrranno buchi, esclusioni, dovuti alla marginalità della linea seguita in questo spazio. Non un lavoro complessivo, dunque, ma liminale.