Poesia qualepoesia/07: Le microscritture di Enzo Miglietta

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Rubrica a cura di Francesco Aprile

Enzo Miglietta nasce a Novoli (Le) nel 1928, e inizia il suo percorso secondo un tracciato di poesia lineare, ma è a partire dalla fine degli anni ‘60, grazie all’incontro con la poesia verbo-visiva, che si apre alle nuove potenzialità della parola. Nel 1971 fonda a Novoli il Laboratorio di Poesia (LPN), dove, a partire dal 1980 con l’apertura della sezione “Informazione e incontri” darà vita ad una serie di mostre di autori del panorama nazionale, inaugurate con l’arrivo nel Salento del poeta e teorico della letteratura Ugo Carrega. Dagli anni ‘70 – e per tutti gli anni ‘80 – la ricerca verbo-visiva di Enzo Miglietta si concentra su quel concetto che bene è stato inquadrato da Arrigo Lora Totino con la definizione di Ortogrammi. Scritture minime, ripetitive, elementari o arrovellate, a volte in contrasto, spesso impercettibili, ma che nell’accostamento di questi elementi minimi, contigui, rimandano l’osservatore alla profondità del segno, alla sua spazialità che è nell’intreccio, appena descritto, di micro-forme scritturali che si realizza e sfocia, ad una seconda e più attenta osservazione, nell’interiorità del segno, nella gestualità che nel ripetersi degli elementi concettualizza una rispettosa osservanza della pratica scritturale preceduta dall’approccio umano che in esse si replica, attingendo dalle essenzialità del quotidiano. Elementi di scrittura, minimi, micro, strutturati in una sorta di costruttivismo verbo-visivo, instaurano col lettore-osservatore un rapporto prospettico in cui le profondità del linguaggio si aprono via via che l’osservazione diventa più attenta, smantellando l’apparato della raffigurazione geometrica della parola nella sua riduzione all’essenzialità, legando una superficie costruttivista ad elementi minimi che sfociano in un riduzionismo teorico, e pratico, della parola poetica dell’autore.

Le microscritture di Enzo Miglietta, lungi dall’esaurirsi nella ritmicità degli elementi, riflettono ulteriori condizioni della parola. È Francesco Saverio Dòdaro, nell’introduzione alla cartella “Silenzio”, pubblicata da Miglietta nel 1978 per le edizioni Ghen/Arte dello stesso Dòdaro, a rilevare: «ripetizione del segno, che è frequenza, quindi suono. Parole violentate / parole violentate / parole violentate / parole violentate / parole violentate / parole violentate […] Memoria primaria, desiderio primario. La realtà in subordinazione al primario. Primario ascolto del suono, del ritmo del nirvana viscerale. […] parole slegate / parole slegate / parole slegate / parole slegate / parole slegate / parole slegate». Le parole sono violentate da Enzo Miglietta, in quanto risultano forzate, chiuse in una rappresentazione geometrica, risultano compresse ed esplose nel loro convergere verso un centro di rottura dove la scrittura si perde. Le parole, ripetute nell’astrazione geometrica, sono slegate e si ripercuotono sulla carta come una rilevazione di frequenze che effettivamente vanno a subordinare la geometrizzazione all’impulso primario determinato dal suono. La ripetizione da un lato tende a fissare, inchiodare la parola, dall’altro la restituisce ad una indeterminazione che a tratti è indecifrabilità, altre volte la decifrazione, possibile, si perde e si annulla, svuotandosi di senso nella ripetizione ossessiva che è ripetizione di piacere, antistrumentale.

Scrive Mirella Bentivoglio che «questo autore non ricorre al prelievo citazionistico. Il testo è formulato al di fuori di ogni carattere prosastico, con ritmate ripetizioni delle stesse parole o degli stessi gruppi di parole. In parallelo con la stringatezza verbale, vi notiamo un’estrema riduzione del connotato grafico personale. Il segno si svolge netto, comprimendosi fino a farsi linea portante» (Bentivoglio M., La microscrittura, 2012). La parola assottigliata, stringata fino a farsi linea, o parvenza di linea, nella modularità geometrica dell’autore, riflette da un lato l’esperienza quotidiana del lavoro di Miglietta, geometra, dall’altro tende ad empatizzare in altra forma grafica la linea, inserendo versanti inediti nella geometrizzazione che appartiene al suo lavoro, in quanto «il rigore delle sue scritture si umanizza nel calore preciso della sua manualità» (Bentivoglio). Le linee di convergenza che permettono l’esplosione del testo, la fuoriuscita dall’ordine controllato della grafia, sono esempi «di grande dinamismo propulsivo», scrive Salvatore Luperto. Questi punti di convergenza sono nodi, entità strutturali che aprono l’opera forzandone le chiusure geometriche.

Poesia qualepoesia/01: Apertura per salti e altro dire

Poesia qualepoesia/02: Premessa storico-contestuale

Poesia qualepoesia/03: Unità di politica, arte e scrittura. La poesia visiva a Taranto

Poesia qualepoesia/04: Michele Perfetti

Poesia qualepoesia/05: Anni ’60. Ricerche verbo-visive in Puglia

Poesia qualepoesia/06: Un’altra pagina. Le ricerche intermediali a Lecce