Poesia qualepoesia/17: Oronzo Liuzzi. Elementi di una poetica esistenziale

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Rubrica a cura di Francesco Aprile

Oronzo Liuzzi è nato a Fasano nel 1949, vive e lavora a Corato. Laureatosi in Filosofia Estetica presso l’Università di Bari, è autore prolifico che spazia in un alveo di linguaggi che qui possiamo considerare a partire dalla poesia. Difatti Liuzzi è prima di tutto poeta, ma fin dagli esordi – come già sottolineato da Franco Lisi sulle pagine di Il Sud Est nel recensire il volume “Una nuova storia d’amore” (Edizioni Tracce) – ha sentito l’urgenza di confrontarsi con linguaggi miscellanei, guardando all’unione della parola poetica con le criticità sociali e diversi orientamenti visivi. In questo senso l’autore spazia dalla poesia alla poesia visiva, dalla parola a stampa al libro oggetto e libro d’artista, dall’installazione alla performance.

Riunire le differenti, seppur affini, manifestazioni poetiche di Liuzzi, implica il confronto con la plurivocità di accezioni che l’ambito della poesia ricopre sempre con più insistenza a partire dal ‘900. Fili conduttori delle differenti esperienze dell’autore sono una raccolta eterogenea di materiali poetici, tecnologici, sociali. La contemporaneità si evince spesso dalla persistenza di un tratto comune: la parola poetica come pratica che illumina le zone d’ombra del tempo. È questa cifra esistenziale che traccia una linea di continuità nel ventaglio ampio di proposte messe in scena dall’autore. Esemplificativo di ciò è il volume “Poesie (1972-1977)” pubblicato nel 2002 presso le Edizioni Riccardi. Con questo volume Liuzzi raccoglie una serie di testi giovanili, scritti in un periodo che va dai 23 ai 28 anni, che già recano traccia delle future tematiche. A pagina 5 del volume, scrive, introducendolo, Giorgio Moio: «Come conciliare il Liuzzi di “Nuvole di gomma” (Ed. Riccardi, 2001), dove rimarca una sensibilità nel fiutare e catturare innovazioni e tecnologie del nostro tempo, e il Liuzzi di queste poesie scritte e pubblicate quasi trent’anni fa? Semplice: dopo l’11 settembre queste poesie, selezionate tra quelle più significative, sono ritornate attualissime con la loro voglia di difesa della libertà umana, anticipando, tra sogni infranti di gioventù, ricerca di se stessi e lotte politiche, che ci riportano alla mente e agli occhi, a noi che abbiamo più di quarant’anni, un mondo “perduto”, quello che oggi tutti stiamo vivendo come crisi di un’esistenza pianificata e strumentalizzata dalla globalizzazione». Tutto l’armamentario poetico di Liuzzi emerge da questi primi testi: una poesia come forma del pensiero, caratterizzata da un accentuato taglio filosofico, Dio, l’evoluzione tecnica della società, la mercificazione, l’individualismo rampante, i drammi dell’emigrazione, lo smarrimento esistenziale dell’uomo che attraversa queste e altre dinamiche finendone assorbito, schiacciato. La risposta dell’autore a questo sgretolarsi del mondo sotto i colpi del capitalismo passa attraverso la configurazione esistenziale della sua opera: la riappropriazione del tempo storico risulta così derivata dalla capacità creativa del soggetto, il quale, al di là del piano autorale, si immerge nel mondo e costruisce se stesso e lo spazio attorno a partire dallo sforzo creativo.

La poesia di Liuzzi appare così come una intensa interrogazione del presente a partire dalla relazione fra uno sguardo profondo nell’intimità dell’individuo e le dinamiche globali. Ricorrendo ad una formula della filosofa e mistica Angela Volpini, l’uomo del 2000 si colloca nei confronti del futuro sullo stesso piano dell’uomo primitivo, solo con una sconfinata serie di mezzi in più in suo favore, al punto da poter scegliere il cambiamento, cioè uscire in maniera radicale dal percorso tracciato sinora seguendo uno sviluppo alternativo, concentrato sull’essere in comunicazione e sull’abilità creativa e creatrice dell’uomo che lo ricompatta sui sentieri della Storia in quanto soggetto agente, colmandola, la Storia, nella relazione e nella creazione, col sentimento dell’amore che solo può restituire linfa ad entrambi gli aspetti. Ritrovo nell’opera di Liuzzi certe affinità con quanto affermato sopra; la tecnologia, lungi dall’essere condannata e posizionata agli antipodi dell’essere, è al contrario letta come elemento partecipe di un nuovo essere. In questo senso Liuzzi agisce intercettando gli stilemi delle nuove tecnologie, rapportandoli ad una tensione poetica che non smette di lavorare sulla definizione di un essere che si esplicita attraverso il concetto di “amore”. Cartelloni pubblicitari 6×3, nell’operatività dell’autore, si riscoprono all’ombra di una sintesi fra materialità verbo-visiva e scrittura poetica. La “trama” di questa poiesi è ancora l’amore: sullo sfondo appare una traccia di materiali metallizzati, scrostati, rovinati, lucenti come le superfici sfavillanti del nostro tempo, dell’acquisto dell’ultimo minuto ad ogni costo, sovrascritti da versi che rimandano quasi ad una definizione dell’essere attraverso il discorso amoroso. Il viaggio che l’autore descrive è un viaggio d’amore che si mostra nitido, forte, deciso, sulla trama a tratti scintillante, ma scrostata e posposta, di quelle superfici metallizzate che tanto ci parlano della mercificazione odierna. È il senso che l’amore restituisce all’operazione estetica di quelle superfici a decretare la costruzione creativa del soggetto.

Nel 2004 per le Edizioni Spazioikonos pubblica il volume “Chat_poesie”. Sulla scia di quanto già affermato, le “Chat_poesie” traducono in linguaggio poetico, in un percorso, però, di spoeticizzazione del verso che appare superato nel raggiungimento della forma “chat”, una serie di ipotetici dialoghi, di chat che bene descrivono l’accezione di un essere in comunicazione per cui a pagina 8 possiamo leggere: «Liza: vivo…. / ombra_rossa: sogno il tuo volto / Liza: anch’io il tuo volto / […] Liza: penso / ombra_rossa: credo nell’amore / Liza: amo / ombra_rossa: ti costruisco / Liza: ti inventoooooooooooo / […] Liza: profonde radici / ombra_rossa: gli alberi fruttificano / Liza: la linfa vitale attraversa,,,,, la chat / ombra_rossa: ninna nanna///////CIAO / Liza: ninna nanna//////////////CIAO» dove l’evidenza di un dialogo fra sconosciuti si riduce in un costante tentativo di attraversare “lo schermo” sulle tracce dell’amore, con i due in dialogo impegnati nel “costruire” letteralmente ognuno il volto dell’altro. La parola “amore” che fuoriesce in un dialogo via web fra sconosciuti evidenzia la fragilità alla quale l’esposizione tecnologica confina l’attore sociale, salvo mostrare la mai sopita verve di umanizzazione che filtra le cose e il mondo. Il tutto è corredato dall’inserimento di segni provenienti dal linguaggio informatico, dagli smile, alle virgole che sostituiscono i punti di sospensione, all’underscore dei nickname o ancora in sostituzione dei segni di punteggiatura ecc. Lo statuto generale del discorso poetico di Liuzzi subisce tuttavia lo smarrimento, al quale l’autore continua ad opporsi con vigore ad ogni nuova operazione poetica. Lo smarrimento subito è da intendersi sui piani di un dolore per la deriva intrapresa dall’uomo. “Condivido” (Puntoacapo, 2014) è l’ennesima puntata di un canto che l’autore dedica all’uomo. A pagina 12, scrive Liuzzi: «Sono dispiaciuto / per la crisi dell’uomo / all’ombra di un sapere di morte / e nel deserto della solitudine / sterminata dall’oscura / malattia del delirio. / la voce del divenire / è ingabbiata / dalla legge del profitto. / scomposti / maciniamo nostalgie / tra rifiuti inquinamento».

L’editore, critico e poeta Gianmario Lucini ha sottolineato come la poetica di Liuzzi ha avuto spesso modo di strutturarsi nella forma di un dialogo, un assemblaggio, un meticciato linguistico. Quale dialogo attraversi l’operatività dell’autore è cosa che non si esaurisce con la semplice rilevazione del ricorso allo stratagemma citazionistico. Liuzzi cita una grossa mole di autori, di testi fra i più disparati, li assembla e li cala in dialogo con la sua poesia che diviene polifonica. Ancora Lucini, riflettendo sulla poetica di Liuzzi, inquadrava il poetare dell’autore in una sorta di statuto ontologico; è proprio ontologicamente che il dialogo e la polifonia si inseriscono nell’opera dell’autore, nel quadro più generale della ricerca e costruzione di un essere in comunicazione.

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