Poesia qualepoesia/23: Lo svuotamento della scrittura. L’asemic writing in Puglia

23-franco gelliRubrica a cura di Francesco Aprile

L’itinerario delle ricerche verbo-visive pugliesi, in continuità con le esperienze nazionali ed europee, si mostra, nel tempo, articolato e denso di prospettive ancora da verificare, da saggiare. La difficoltà di uno scavo adeguato nello sviluppo storico dei linguaggi in questione, passa attraverso una molteplicità di fattori; dalla nebulosità delle ricostruzioni nazionali, le quali relegano ad un ruolo marginale le prospettive pugliesi, liquidandole con troppa fretta, al materiale storico, spesso di natura effimera, disperso in archivi personali, privati, che non sempre sono destinati ad una fruizione pubblica adeguata, alla messa in opera di un “partage” foucaultiano per cui non solo il dire, ma la possibilità stessa dell’accesso alle informazioni, ai materiali, è veicolata in modo arbitrario ed esclusivo, ad uso e consumo, pongono di fatto in essere una serie di questioni spinose, problematiche, al punto da essersi creato in taluni casi un vuoto storico. Lo scenario pugliese ha però molte volte dimostrato di recepire in tempo reale stimoli e novità. L’avvento delle ricerche verbo-visive si produce in Puglia a partire dall’esperienza di Michele Perfetti già dai primi anni Sessanta, al punto da figurare nel Gruppo 70 fra i primi sperimentatori italiani della poesia visiva. Il clima delle ricerche poetiche è però in quegli anni anche un clima di ricerca sul segno. Dalla parola al segno, dunque. Le operazioni delle avanguardie storiche, in particolare dall’esperienza futurista e mano-parolibera di Balla alla parola-flusso di area surrealista, hanno avuto il merito di intercettare i cambiamenti in atto nella società del primo Novecento. Lo sconquassamento delle guerre e della disumanizzazione tecno-scientifica, si inseriva in un clima intellettuale di generale cambiamento anche e nell’ottica dell’indirizzo letto dal sociologo canadese Marshall McLuhan in termini di “ritribalizzazione” dell’Occidente. La formulazione del concetto di “villaggio globale” avrebbe bene interpretato l’esasperazione dell’uomo e della terra stessa in un contesto di produzione indiscriminata, mostrando l’inevitabile necessità di un muoversi verso forme ibride, capaci di tenere insieme il locale (“village”) e il globale, fra pratiche di cura e sviluppo inteso in termini di evoluzione più che progresso indiscriminato. Dal primo Novecento fino al sopraggiungere della seconda metà del secolo, si registrano momenti culturali tipici di una risposta dell’attore sociale che alla barbarie della disumanizzazione risponde con la liberazione del corpo; il risultato è ancora oggi visibile in quelle pratiche che, muovendo principalmente dall’esperienza di Henri Michaux, hanno messo in discussione la meccanicizzazione autorale della scrittura, fuoriuscendo dall’omogeneità del senso, compromettendola. La disposizione del significato è estromessa dal segno/parola che trova i suoi effetti di senso nella gestualità, nel colore, nella matericità. Nasceva fra Europa e Stati Uniti quello che negli anni ’70 sarebbe stato ribattezzato come “asemic writing”, una pratica autorale che poneva al centro della riflessione e dell’azione il gesto calligrafico e non la parola, portando il gesto ad assumere caratteri di evidente tensione calligrafica, senza però giungere ad una significazione logico-formale. Il clima europeo è altresì quello dell’incontro con l’altro da sé, nella fattispecie rappresentato dalla cultura orientale, che pone in essere una sorta di primitivismo autorale legato al gesto, al segno, e che trova agio nell’incontro con una prospettiva nuova, differente, generata dall’avvicendarsi in Occidente delle tematiche tipiche del pensiero orientale. Lo scrivere veniva così svuotato della scrittura, liberando sulla pagina il contenuto rimosso dello scrivere stesso: gesto, segno, colore, materia.

Fra gli antecedenti pugliesi della pratica dell’asemic writing troviamo negli anni ’60 la gestualità libera, fluida, di Michele Perfetti. La calligrafia di Perfetti, o i suoi prelievi, alle volte entrambe le proposte frantumate nei taglia e incolla dell’autore, nei suoi assemblaggi, dislocando e interrompendo il testo ne evidenziavano la dislocazione del senso in un movimento di significazione rinviata. A partire dagli anni ’70 è Enzo Miglietta a farsi portavoce delle cosiddette scritture manuali nell’area della poesia visiva. Queste scritture, provenendo da un retaggio nella poesia lineare durato circa vent’anni – dal ’50 al ’70 – e improntato ad una parola che mostrava chiari i segni della professione di geometra, evidenziandosi come costruzione estetica e strutturale di un senso rintracciabile nella funzionalità ritmica più che nella linearità logica, producevano la costruzione di un “tappeto” verbo-visivo dove la scrittura come elemento strutturale si faceva “micro” fino, a volte, al suo ridursi alla non significazione. Eppure bisogna aspettare, sempre negli anni ’70, le esperienze di Francesco Saverio Dòdaro, Franco Gelli e Vittorio Balsebre per giungere a vere e proprie pratiche di asemic writing, in quanto gli antecedenti di Perfetti e Miglietta apparivano legati alla costruzione manuale della parola, anziché ad una gestualità proto-calligrafica. Così il segno di Franco Gelli è incastrato in una composizione visiva che trova il suo carattere peculiare nell’assemblaggio di lacerti che vanno dal quotidiano ad un personale mitologema autorale (che possiamo riscontrare nei punti nevralgici della città di Venezia, la venere del Tiziano, i segni della preistoria salentina). La discontinuità degli elementi, dai nuclei fondativi del personale alla costruzione storica e sociale del quotidiano, è amalgamata in un tutto che appare, sotto la scossa di un trauma, sottoposto a continua ricostruzione; questa è resa possibile dall’amalgama del gesto calligrafico e proto-calligrafico che indirizza la volontà autorale al tenere insieme, al legare i pezzi. Il gestualismo di Vittorio Balsebre si compone di stratificazioni di colore e verbalismo fino alla non significazione di elementi calligrafici che strizzano l’occhio ad esplosioni di corrente, di energia, tracciando sulla pagina la velocità elettrica del movimento. Le prove proto-calligrafiche in Dòdaro sono “frammenti di un discorso disperso” nella loro sostanza materica, basata su contromateriali poveri (cartone, frammenti di lettere tipografiche, lettere di giornale, scarti, controcarte ecc), parlano della frammentarietà dell’attore sociale, dell’uomo collocato nel mondo in quanto frammento, e nel mondo disperso nella “disperata disperazione”, per riprendere una formula dòdariana, di chi è teso alla ricerca della dualità. Sono segni frammentari, dispersi, che evidenziano la produzione di un ritmo sulla pagina.

Le esperienze di Oronzo Liuzzi e Rossana Bucci si collocano nella sperimentazione dei materiali, in un contesto in cui la scrittura appare strettamente legata al carattere di spreco che ha pervaso la contemporaneità, mostrando l’urgenza di lavorare su residui di vernici, di segni, di gesti, che spesso aggrovigliati vanno a comporre una etnografia dei resti intervallata da lacerti poetici, i quali, rifiutando la morte, consegnano questi materiali a nuova collocazione.

Elementi di un flusso asemantico nell’opera di Laura Scaringi si posizionano all’interno di una esigenza di comunicazione, laddove nell’opera è serrato il dialogo fra comunicazione giornalistica, pubblicitaria, pittorica e calligrafica. I vari materiali che compongono le opere risultano frammentari e dislocati sulla superficie, solo la scrittura si produce in un andamento fluido e continuo che testimonia della presenza autorale e della tessitura del dialogo che resiste allo spossessamento della materia.

Egidio Marullo, pittore, autore, musicista, opera nel campo dei linguaggi visivi attuando una sintesi e un dialogo fra esperienze pittoriche di vario genere, dall’espressionismo a manifestazioni gestuali, segniche, che mostrano una modularità narrativa nella quale i paesaggi si perdono nella forma di una parola appena accennata, viceversa, la parola è parte integrante del paesaggio. Il segno calligrafico si fa paesaggio, il paesaggio diventa segno calligrafico, l’intercambiabilità dei segni evidenzia di una partecipazione fra autore e cose come costruzione del mondo, laddove, quest’ultimo, si rende possibile a partire dalla relazione soggetto-oggetto che l’autore mette in opera.

Cristiano Caggiula opera nell’ambito dell’asemic writing producendosi in una costruzione babelica di segni alle volte inflazionati fino alla dispersione di ogni nodo, altre ancora si collocano nella relazione intima che va a creare fra segno calligrafico e immagine, esprimendosi sulla falsariga di un “codex”, elaborando un immaginario segnico che nell’enunciarsi in forma enciclopedica tenta la fondazione di un mondo.

Poesia qualepoesia/01: Apertura per salti e altro dire

Poesia qualepoesia/02: Premessa storico-contestuale

Poesia qualepoesia/03: Unità di politica, arte e scrittura. La poesia visiva a Taranto

Poesia qualepoesia/04: Michele Perfetti

Poesia qualepoesia/05: Anni ’60. Ricerche verbo-visive in Puglia

Poesia qualepoesia/06: Un’altra pagina. Le ricerche intermediali a Lecce

Poesia qualepoesia/07: Le microscritture di Enzo Miglietta

Poesia qualepoesia/08: Una inesaurita ricerca. L’opera di Dòdaro tra parola e new media

Poesia qualepoesia/09: Franco Gelli. O poesia, o follia

Poesia qualepoesia/10: Antonio Massari. Oh abitare in una rosa di 25 stanze

Poesia qualepoesia/11: Giovanni Valentini. Particolari di una poesia come progetto

Poesia qualepoesia/12: Ilderosa Laudisa. Paesaggio umano

Poesia qualepoesia/13: Francesco Pasca. La singlossia nel racconto

Poesia qualepoesia/14: Vittorio Balsebre. Nel segno dei fotograffiti

Poesia qualepoesia/15: Fernando De Filippi. Arte e ideologia

Poesia qualepoesia/16: Altri luoghi e momenti del verbo-visivo in Puglia

Poesia qualepoesia/17: Oronzo Liuzzi. Elementi di una poetica esistenziale

Poesia qualepoesia/18: Vincenzo Lagalla. La parola come luogo

Poesia qualepoesia/19: Franco Altobelli. Il motivo dell’incognita come matrice

Poesia qualepoesia/20: Antonio Verri. Il corpo che racconta

Poesia qualepoesia/21: Raffaele Nigro. Il parlare sconvolto

Poesia qualepoesia/22: Edoardo De Candia, relazioni liminali del segno