“Canzoni del Tempo” di Fulvio Frezza

Ci sono canzoni che raccontano storie meglio di tanti romanzi, e storie che ispirano canzoni restando tuttavia ben nascoste dietro metafore e altre figure retoriche. La dimensione narrativa, in ogni caso, è inestricabilmente connaturata alla forma musicale. Non soltanto, come si potrebbe immaginare, per la produzione di musica leggera: chi potrebbe negare, del resto, che non vi siano storie personali – e talvolta addirittura collettive – dietro la natura stessa della musica jazz o, risalendo indietro nel tempo, nella composizione di brani di musica classica? Esiste, poi, tutto un territorio pressoché inesplorato che guarda al connubio tra musica e racconto non dal versante della partitura musicale ma da quello della narrativa: storie, cioè, che capovolgono il rapporto innestando citazioni musicali in testi di scrittura creativa.

È quello che avviene, ad esempio, in Canzoni del Tempo (Florestano, pp. 134, euro 15), terzo libro di Fulvio Frezza che segue il successo di Meraviglioso, dodici racconti ispirati a canzoni di Domenico Modugno, pubblicati per la stessa casa editrice barese. Vi è anzi, in queste ultime due pubblicazioni di Frezza, un ulteriore elemento di contaminazione tra musica e letteratura: la realizzazione di  performance dal vivo (insieme al maestro Domenico Mezzina) in cui scrittura e musica, attraverso la recitazione e il canto, giungono a una sintonia completa.

I racconti delle Canzoni del Tempo appartengono, appunto, a tempi diversi. E la connotazione più che vagamente deandreiana del titolo si ritrova in non pochi titoli e in ancor più numerosi riferimenti interni: dall’esempio più evidente, la Canzone del tempo dell’Inverno, in cui l’autore compie una vera e propria analisi di questa canzone «maledetta», con «gli archi che suonano come fosse il Requiem di Mozart» e da cantare con voce «semplice, senza abbellimenti, senza portamento, perché il testo va quasi recitato, come una poesia, come una preghiera»; passando per altri racconti (Canzone del tempo dei Vecchi Amanti, Canzone del tempo dell’Amore perduto) al cui interno si segue una traccia narrativa coerente che intreccia amore, sensualità, ricette elaborate e buon vino. E in sottofondo, ancora, tanta e tanta musica.

Già, perché come sottolinea nella Prefazione Carla Vistarini, autrice di testi musicali e sceneggiatrice, questo libro, «questo viaggio in snowboard o sulle montagne russe, tra musiche sempre appassionatamente spiegate e irrimediabilmente incomprese, […] è un richiamo irresistibile per il lettore, che indotto dalla qualità della scrittura […] si troverà a volare tra le note e le pagine, senza capire perché mai sia finito lassù, a ipernutrirsi di nostalgia e scomposizioni di amido dalla pasta, ma ben felice di esserci arrivato». In compagnia delle canzoni di Tenco ed Endrigo, di Lauzi e De André, passando per Luis Mariano e Franco Califano.

Stefano Savella