“Paso” di Lino De Venuto

Pier Paolo Pasolini non era soltanto un poeta, scrittore, editorialista, regista e drammaturgo. Era anche un grande appassionato del calcio: da giocatore, da spettatore, da tifoso. Si tratta di un aspetto noto a coloro che hanno studiato a fondo la personalità e la biografica dell’intellettuale friulano; ma di cui si è talvolta sottovalutato l’importanza, declinandolo a passione per lo sport più in voga nelle borgate romane. Niente di tutto questo: Pasolini conosceva e praticava il calcio con fervore, al punto da farne riferimento nei contatti epistolari con altri intellettuali del suo tempo, da frequentare assiduamente lo stadio Olimpico di Roma (pur restando accanito sostenitore del Bologna), da abbandonare un campo da gioco se i suoi compagni di squadra lo ignoravano troppo a lungo.

Libri sulla relazione tra Pasolini e il mondo del calcio ve ne sono già in commercio; più interessante è semmai l’accostamento di questa relazione a un testo teatrale originale, che permette di inserire la passione di Pasolini per il calcio in un contesto più ampio, non soltanto a riguardo delle frequentazioni dell’intellettuale friulano, ma anche operando un complesso lavoro sulla lingua da utilizzare. È questo il risultato finale di Paso, opera teatrale del barese Lino De Venuto, pubblicata a stampa per la casa editrice Gelsorosso (pp. 120, euro 12). Un’operazione editoriale interessante e completa: perché non si limita a proporre il testo teatrale, ma lo fa precedere da due ampie introduzioni dello stesso autore che contengono numerose notizie e imperdibili aneddoti sul ruolo che il calcio ha avuto nella vita giovanile dello stesso De Venuto (giocatore per alcune squadre della serie C e dei campionati minori fino alle soglie dei trent’anni, quando abbandonò i campi in erba e in terra battuta per dedicarsi esclusivamente al teatro) e anche di Pasolini (si vedano, su tutte, le lettere indirizzate al poeta Vittorio Sereni, le parole contro Helenio Herrera accusato di filo-franchismo, il rapporto con alcuni calciatori del tempo come Fabio Capello e Giacomo Bulgarelli).

Ma il cuore del libro è certamente rappresentato dal testo teatrale. Paso è ovviamente Pier Paolo Pasolini, qui indicato con un nome che sembra quello di un calciatore della Selecao brasiliana. Al suo fianco, compaiono Laura Betti, i ragazzi di vita delle borgate romane, intellettuali, calciatori di Casarsa, e soprattutto studenti, attraversando stagioni diverse della sua vita: la giovinezza in Friuli, l’approdo a Roma, il rapporto con la politica e con gli intellettuali. De Venuto dà voce a Pasolini ma non soltanto a lui, lavorando con attenzione alla lingua utilizzata dai protagonisti. Come scrive lo stesso De Venuto: «Sono uscito dal panico e dal caos iniziali, comincio con fatica ad assemblare qualcosa, la drammaturgia al di là della sua struttura non potrà prescindere anche dall’uso del dialetto di Casarsa, catturo alcune espressioni dialettali delle poesie giovanili, potrebbero far parte integrante del testo […] E il romanesco (con la tradizione linguistica del Belli) mette a fuoco la vita delle periferie romane, la vitalità chiassosa dei ragazzi di vita».