Poesia qualepoesia/40: Vittorino Curci, Inside 1976-1981
Rubrica a cura di Francesco Aprile
Quella di Vittorino Curci è una attività poliedrica indirizzata ai vertici di discipline differenti eppure concomitanti, le quali aguzzano il discorso del fare autorale nell’amalgama di relazioni che questo intrattiene; di fatto, la dimensione della crepa, della frattura, fra un discorso e l’altro, fra una pratica e l’altra, è sanata nella continuità di intenti e azioni che flettono le differenze riducendole e annullandole nel campo, unico, di sperimentazione del reale. Il luogo nevralgico dell’azione autorale è quello dell’esperibilità del reale, luogo in cui le discipline praticate da Curci non appaiono più incastonate in logiche da compartimenti stagni, ma adunate in province di senso sconfinanti l’una nell’altra. Vittorino Curci, nato a Noci (Bari) nel 1952, è poeta, poeta visivo e sonoro, pittore, sassofonista di musica improvvisata, è presente in riviste e antologie, fra queste “Nuovi Argomenti”, “Poeti nati dopo il 1950” (curata da Adriano Spatola, 1983), “Antologia ipersperimentale Geiger” (a cura di Adriano Spatola, 1979), “Anterem” ecc. Nel 1999 ha vinto il Premio Montale per la sezione inediti, numerose sono le sue pubblicazioni poetiche; è, inoltre, molto attivo sui piani dell’operatività culturale, a lui si deve infatti lo sviluppo di un archivio della poesia pugliese presso la biblioteca comunale di Noci, nonché la fondazione e direzione, dal 1989 al 2000, dell’Europa Jazz Festival di Noci. Dagli anni ’80 collabora con numerosi musicisti italiani e stranieri, fra questi Carlo Actis Dato, Conny Bauer, Peter Brotzmann Eugenio Colombo, Charles Gayle, Martin Joseph, Peter Kowald, Sergej Kuryokhin, Steve Lacy, Joelle Leandre, Gianni Lenoci, Marcello Magliocchi, Sabir Mateen, Pino Minafra, Louis Moholo, Maggie Nicols, Maresuke Okamoto, Roberto Ottaviano, Sakis Papadimitriou, Evan Parker, William Parker, Ernst Petrowsky, Ernst Reijseger, Antonello Salis, Mario Schiano, Gunther Sommer, Keith Tippett e Bruno Tommaso. La sua attività ha inizio a Roma dove negli anni ’70 studia presso l’Accademia di Belle Arti esponendo le sue prime opere presso la Galleria Jartrokor diretta da Sergio Lombardo. Dal ’79 inizia una proficua collaborazione con Adriano Spatola, partecipando a numerose iniziative promosse da quest’ultimo.
Nel 1984 pubblica, per le edizioni della rivista Tam Tam di Spatola, la raccolta poetica e poetico-visiva “Inside (Poesie 1976-1981)” introdotta dallo stesso Spatola e che presenta in copertina un disegno di Giuliano Della Casa. L’universo poetico raccolto da Curci in “Inside” percorre un periodo di tempo racchiuso fra il 1976 e il 1981 e appare esplicitato nel testo-manifesto che apre la raccolta; qui l’autore delinea influenze e intenti programmatici del fare poetico che vanno dal verso di apertura, con il quale ricalca Leopardi (“l’estro «del dì di festa»”) e sancisce la definitiva dichiarazione di una poetica innestata sull’articolazione del pensiero, alla figura della madre («noi siamo in sottile confronto con le prudenze materne») e, via via, la preponderanza ludico-sonora che si dipana come abilità manipolatoria del linguaggio, dunque creatrice e sintetica, che strizza l’occhio alle esperienze delle avanguardie storiche e mostra, come sottolineato da Spatola in introduzione, una «assurda gaiezza, ontologicamente più simile alla “allegria” ungarettiana che al “divertimento” palazzeschiano». Procede ancora Spatola: «Altra contraddizione, in quanto nessun residuo ermetico o neoermetico è reperibile, non solo a prima vista, in Inside; dunque i veri residui sono quelli che attendono di essere filtrati, quasi in modo schizofrenico, dal lettore stesso». Continua ancora Curci nel suo “manifesto” affermando che «accettiamo suoni […] la fattura di queste poesie sintetiche […] il terreno è rimosso» puntando il dito sulla frattura storica di «questo nostro tempo che non vuole poesia ma la sua parvenza». “Inside”, questo testo che apre e titola la raccolta, è sottotitolato “a più voci”, è dunque un processo di vocalizzazione, di polifonia in accordo con quanto si sviluppa in poesia in seno alle avanguardie storiche, recuperando quella simultaneità di voci già scansionata e teorizzata da Henri-Martin Barzun, connotando l’apparato poietico per una stratificazione multipla, appunto polifonica e “simultanea”, del reale che non appartiene esclusivamente, o almeno non soltanto, a quella divisione dualistica tracciata da Spatola in introduzione («Ci sono, all’origine di Inside, varie motivazioni, diverse fra loro ma legate da una convinzione comune: l’universo è diviso “almeno” in due parti»). La stesura poetica di Inside è costruita da Curci sul gusto per il gioco, per la ripetizione, per la sonorità; sono copiose le allitterazioni, le permutazioni, le assonanze che contribuiscono alla scansione sonora, alla messa in opera di un ritmo che è sonoro e logico, laddove Curci non si abbandona mai ad una sonorità disperata e libera, filtrandone il flusso, piegandolo agli intenti di un pensiero che precede la marca sonora della parola, indirizzandola e forgiandola sul gioco logico, di parole, fra accostamenti improvvisi e aperture di senso che dichiarano la vicinanza all’esperienza di Scialoja nonché a quelle ricerche del periodo, si pensi a Minarelli, che trovano nella ripetizione e nel grado permutazionale del testo motivo di piacere e sostanza poetica. Quella di Curci è dunque una proposta che poggia non sul principio di realtà come temporaneo abbandono del piacere, ma trova nell’azione del piegare il flusso sonoro alle intenzioni programmatiche del pensiero quella matrice poetica che recupera il Reale a tutti gli effetti, un reale non come rilevazione cronachistica, ma rilevazione di qualcosa che è al di là dell’effetto del simbolico e si staglia dietro i continui giochi dell’autore, rivelando, nelle fratture ritmico-sonore e di senso, una realtà che non si piega a quel reale-minore che è luogo della parvenza.
La sezione “Esempi di poesia non patologica”, che data interventi dal 1976 al 1979, presenta tavole di poesia visiva, scritture manuali, poesia concreta. Le scritture manuali si presentano sulla falsariga di grafie infantili e aprono la sezione con una tavola in cui la grafia traccia, soltanto, “io sono”. Qui la condizione del dire “io sono” non è assunta in termini egoici e il dato preponderante della presenzialità autorale non sconfina in quello narcisistico, al contrario esprime continuità con la raccolta e l’opera, in generale, di Curci in cui la presenza autorale si dà come connotativa della consapevolezza attraverso la quale l’autore filtra gli elementi da lui messi in opera. Ogni elemento è sempre saggiato dal rigore formale che il pensiero dell’autore propone prima di trasporlo in opera. La grafia infantile traccia una continuità esistenziale e si ricollega alle “prudenze materne” dettate in apertura; ancora, la scelta della grafia infantile appare collegata all’andamento sonoro della raccolta che crea buchi di significato nei versi, ma anche effetti di sovrasenso. Infatti il procedere della grafia mostra come il dilatarsi di una scrittura (soprattutto nell’ultima sezione “Oho” datata al 1981), con, anche, il sovrapporsi di caratteri, produca una perdita di significato, un buco nel rigore “morale” di un mondo il cui andamento è messo in crisi dalla prova dell’autore in continuo dialogo con un “non detto” che è meglio tacere anziché abbandonare alla degradazione del dire in eccesso del chiacchiericcio. La divisione di pagina trentacinque fra “cielo e terra” non esaurisce la prova di Curci nella visione di un mondo dualistico quando il quadro dell’opera, invece, continua a procedere, anche negli esempi di poesia concreta, sui valori sonori e permutazionali già rilevati e che si stagliano sulla pagina con andamento polifonico. Le ripetizioni e i giochi permutazionali all’interno degli innesti di poesia concreta si danno in continuità sia con la grafia infantile, sia con la preponderanza sonora della prima parte della raccolta, laddove l’esperienza dell’infanzia si mostra come luogo privilegiato della sonorità filtrando la pratica poetica della prima parte e gli inserti di poesia concreta della sezione successiva.
Poesia qualepoesia/01: Apertura per salti e altro dire
Poesia qualepoesia/02: Premessa storico-contestuale
Poesia qualepoesia/03: Unità di politica, arte e scrittura. La poesia visiva a Taranto
Poesia qualepoesia/04: Michele Perfetti
Poesia qualepoesia/05: Anni ’60. Ricerche verbo-visive in Puglia
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