“Sui passi di Francesco” di Diego Fontana

I cammini rappresentano sempre più spesso il mezzo (o, talvolta, soltanto l’idea) di un viaggio alternativo: si abbandona per qualche giorno la routine ma senza lasciar riposare il corpo su una sdraio; al contrario, forzandolo e spremendolo a fondo, lasciando a ogni passo sempre più lontana la vita da cui si intende allontanarsi, o addirittura fuggire. Proprio per questo, raccontare un cammino, il proprio cammino, non è un’operazione semplice: il corpo perde i liquidi, la mente concentra i pensieri, le forze si uniscono per un solo obiettivo: arrivare alla meta di giornata, e poi alla destinazione finale. Sui passi di Francesco. Da La Verna ad Assisi per affrontare se stessi (Ediciclo editore, pp. 200, euro 16), di Diego Fontana, è invece il racconto di un cammino che non manca di lucidità, di attenzione al contenuto e alla forma, di creatività nello sviluppo dei piani narrativi. L’autore-narratore è solo uno dei protagonisti: al suo fianco ci sono Piccio, Izzo, Dan, Giorgia e Marco. Motivazioni diverse, preparazioni diverse, idee talvolta diverse – come sempre accade nei gruppi – sul modo migliore per andare avanti. Ma un unico obiettivo: arrivare ad Assisi, partendo dalla Toscana e attraversando luoghi come Pieve Santo Stefano, Città di Castello e Gubbio.

Il libro di Fontana aggiunge alla profondità delle motivazioni personali, e alla duttilità dello stile adottato, una narrazione che opera su piani diversi. Non c’è infatti soltanto il cammino, né soltanto i suoi camminatori, con le dinamiche interne al gruppo, i percorsi, i momenti di difficoltà e quelli di euforia. Ci sono anche brevi passaggi sulla vita prima del cammino (“Un altro me”), quella sommersa dal lavoro, dalle richieste e dalla pressione che ogni contesto competitivo porta con sé, tantopiù nel mondo della comunicazione. Ci sono estratti dal taccuino di viaggio. E c’è perfino un bestiario moderno, frutto della fantasia esercitata dai camminatori lungo il percorso: tra una sosta e l’altra, compaiono così la cifogna (una cicogna che vive nelle periferie urbane con ratti e scarafaggi), il trovopiteco (un primate cercatore), il griphone (maestoso rapace che si nutre di onde elettromagnetiche propagate dai ripetitori per telefoni cellulari) o il fornichiere (la creatura animale con i più accentuati appetiti sessuali).

Sono animali che abitano i sogni dell’autore-narratore nel corso del cammino. Fino all’ultimo sogno, quando il narratore deve affrontare l’Avversario che ha dentro se stesso, e che lo attende per riportarlo alla vita di tutti i giorni, senza che il cammino lasci alcuna traccia: «Sento che sto per perdere i sensi. L’altro me è in piedi, vicino al mio corpo. Forse lo immagino soltanto, o forse mi guarda davvero con disprezzo. Non ho nessuna difesa. Ho solo me stesso, la mia insulsa debolezza e questi animali immaginari. Forse è solo questo quello che ho, e che l’altro me non può avere. La capacità di dubitare, di lasciare porte aperte al possibile, di riuscire a credere che un cammino possa davvero parlarmi e possa aiutarmi». Del resto, «camminare è un’attività duplice, come due sono i nostri piedi: è lasciare andare senza paura le nostre armature con un passo e lasciare entrare senza paura la realtà con l’altro». Sui passi di Francesco è comunque, prima di ogni altra cosa, un efficace invito al viaggio, zaino in spalla e gambe come mezzo (privilegiato) di trasporto. E l’Antitutorial finale, proprio perché scritto da un autore che dichiara di non essere «certo un camminatore esperto», è un utile strumento per provarci in prima persona. In gruppo, o da soli, ma sempre «per affrontare se stessi».

Stefano Savella