Poesia qualepoesia/46: Sandro Greco e Corrado Lorenzo: La tela bianca
Rubrica a cura di Francesco Aprile
L’operazione “La tela bianca” condotta da Sandro Greco e Corrado Lorenzo, ai limiti della commistione dei linguaggi artistici, si colloca su quei piani di un processo comportamentale volto al superamento stesso dell’operazione “commistione”, situando l’azione e/o il suo spazio in un grado zero dei segni di estrazione artistico-letteraria che non riguardano il bianco su bianco del “suprematismo” di area sovietica, dunque non la posizione assunta da Malevič riguardo il superamento dell’opera risolta nell’essenza della visione, bensì una tipologia di lavoro che guarda allo scarto stesso fra segno e segno, nonché fra opera e opera, autore e autore, fruitore e fruitore.
Sandro Greco e Corrado Lorenzo, ribattezzati dal critico Pietro Marino i “Santi medici dell’avanguardia pugliese”, hanno contribuito negli anni Sessanta all’introduzione delle dinamiche della land art e dell’arte comportamentale in Puglia, avviando una pratica rigorosa quanto aperta a stimoli extrartistici capaci di intercettare criticità sociali e ambientali risolvendole in azioni dal forte impatto critico e sensazionale.
Sandro Greco è nato a San Pietro Vernotico (Brindisi) nel 1928, laureato in Farmacia, ha svolto attività di collaboratore scientifico per alcune case farmaceutiche ed ha insegnato chimica nelle scuole di Brindisi e Lecce. Pittore, performer, artista concettuale, opera in un primo momento, dal 1948 al 1966, in area figurativa, sposando negli anni Sessanta le dinamiche dell’arte povera e concettuale; di questo periodo sono i “Fiori di carta” ed i “Rapporti prossemici”. All’interno della sua opera pittorica, nonché di libri d’artista, è forte l’introduzione di inserti calligrafici ai quali affianca il ricorso al “simbolo” come grado evocativo dell’esplicazione scritturale in un mix di parola e concetto che trova nella preponderanza del colore e della sua materia il legamento principale degli elementi in opera.
Corrado Lorenzo è nato nel 1926 ad Arnesano, vive a Novoli, in provincia di Lecce; laureatosi in medicina ha svolto una intensa attività di ricerca artistica lavorando sui versanti pittorici, ma anche dell’arte comportamentale e ambientale. Negli anni Sessanta si avvicina alla land art con i suoi “Segni sulla sabbia”, mentre fonda nel 1979 a Lecce l’Associazione culturale Piccolo Museo costituendo un importante Archivio Internazionale di Arte Contemporanea stabilendo proficui legami con Joseph Beuys, Schifano, Rotella, Boetti ecc., oltre che epistolari anche espositivi. È molto intensa l’attività organizzativa dell’autore, tanto che negli anni ’80 chiama a raccolta nel Salento i graffitisti americani A-One, Rammelzee, Daze, Phase 2, Toxic; a testimonianza di ciò restano le pitture sulla casa-studio dell’autore. Con Sandro Greco e Toti Carpentieri fonda a Novoli nel 1968 il “Centro ricerche estetiche”. Entrambi gli autori, i Santi medici dell’avanguardia pugliese, hanno aderito nel Settantasei al movimento Arte genetica fondato da Francesco S. Dòdaro.
Quella della tela bianca è un’azione predisposta da Sandro Greco e Corrado Lorenzo nel 1970 ad uso e consumo del pubblico in una confondibilità dei ruoli che non si esaurisce nel capovolgimento del fruitore in autore, ma procede in uno scambio continuo di azione e fruizione dove ad ogni intervento corrisponde una fruizione con una conseguente liberazione estetica. Il tutto è storicizzato da un piccolo catalogo edito nel 1970 da Adriano Spatola per le Edizioni Geiger che reca il titolo di “Interventi 2”. A completare la pubblicazione ci pensano una nota di Gianni Jacovelli e una prefazione dello stesso Spatola. Si legge dalla nota di Jacovelli, datata al diciotto maggio del Settanta, che «Sandro Greco e Corrado Lorenzo hanno predisposto per l’uso del pubblico, una kermesse artistico-culturale di nuovo genere, ironico e significativo: una serie di tele bianche per gli interventi più diversi. Si vogliono creare così situazioni interpersonali, originali e vive, che l’artista, o (come in questo caso) gli artisti si accontentano di predisporre, di stimolare. È un modo di fare arte in cui emergono motivazioni di varia provenienza e significazione: la spersonalizzazione dell’operatore e l’invito alla partecipazione, lo stimolo al fare autonomo e il tentativo di coinvolgere direttamente il pubblico con un’azione di tutto rispetto, com’è quella del dipingere. Adriano Spatola, che ha profondamente inteso il valore dell’operazione, ne ha voluto assumere la paternità. Massafra, centro culturale di avanguardia ormai collaudato, è stato testimone di questo nuovo tipo di intervento, che verrà ripetuto a Roma nel prossimo mese di giugno».
Il catalogo, ripubblicato da Maurizio Spatola in versione pdf e disponibile al download sul prezioso archivio online dell’autore, è arricchito ora da una nota dello stesso Maurizio Spatola il quale rileva come suo fratello Adriano non abbia mancato l’occasione, cogliendo gli stimoli necessari dalla proposta di Greco e Lorenzo, per farli “scivolare” nel terreno della “poesia totale”. Il punto di partenza per una simile lettura deve essere, a questo punto, come già annotato nei loro contributi dai fratelli Spatola, il quadrato di tela bianca, grezza, incollato sul foglio bianco di copertina e racchiuso all’interno di una minima cornice nera, senza alcuna scritta. Ciò non fa altro che condurre il discorso, dell’operazione e del risultato finale da inquadrare, a questo punto, nella formula definitiva del catalogo, all’interno di un terreno ampio e articolato, come di fatto è quello della poesia totale, dove la convivenza degli stimoli più disparati concorre alla costruzione di un discorso poetico aperto e plurimo, in movimento e la risultante dell’operazione, che ha per motivo focale la copertina del catalogo, apre nella plasticità della scelta a derivazioni di area concreta che sono rinviate da Adriano Spatola all’opera del giapponese Kitasono Katue. Qui il processo di geometrizzazione delegato alla copertina conferisce al catalogo il rango di libro d’artista e lo status di opera di poesia concreta, dove la sperimentazione dello spazio è colta negli stessi termini in cui viene esperito nella performance; altro preciso rinvio è segnalato ancora da Spatola in introduzione, ed appartiene all’aver declinato la proposta dei due artisti visivi lungo le vie degli environments, in particolar modo quelli facenti riferimento al gruppo Fluxus e George Brecth. La tela bianca sulla copertina non solo rimanda in maniera diretta e inequivocabile all’azione performativa messa in opera da Greco e Lorenzo, ma colloca il libro stesso in un circolo di semiosi infinita dove il corto circuito è dato proprio dal non poter più esperire il concetto di opera nelle modalità tradizionali. Il libro stesso diventa altro spazio da rimodellare, da interventare? A questo punto il catalogo è tale, ma anche no, è al di là dell’essere un catalogo e riproduce in una spazialità rinnovata e diversa l’esperienza della performance senza incunearsi nei già battuti terreni dell’add and return propri della mail art. La rinuncia al ruolo dell’artista, afferma Adriano Spatola, conduce i due autori a stabilire «le radici del proprio lavoro nella zona dell’impegno collettivo […] Si viene così a costituire una continuità dinamica che è apertura totale verso l’immaginazione pubblica» e ancora che «proponendo il gioco della tela bianca essi dichiarano di affrontare il problema della comunicazione artistica da attori, e non da spettatori. Questo tipo di responsabilità coinvolge le individualità singole fino in fondo, senza più lo schermo protettivo della stupefazione rispettosamente indifferente e morbosamente complice davanti al prodotto artistico, finalmente spogliato (per sempre?) dei suoi attributi magico-religiosi». La proposta di un’azione collettiva è già estasi di intervento, moltiplicazione, esubero delle forze in azione per cui il rapporto tra le forze stesse è trasversale e non preventivato; l’oggetto-tela disposto nello spazio come momento catalizzatore è evento ludico, laico, privato dei suoi “attributi magico-religiosi” è fede, ma nell’uomo. La scrittura poetica dell’opera è l’azione dei corpi che abitano lo spazio – la tela – e nella moltiplicazione del “numero”, come traccia dell’attore sociale, si aprono spazi di esaltazione per il fare collettivo. Il rigore del montaggio in copertina non è più essenza della visione, ma modulo d’azione, invito alla scrittura ludica e libera di una superficie che nella qualità grezza, materica, ha già un indirizzo estetico del fare.
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