Poesia qualepoesia/50: Fra spazio e testo: il minimalismo della parola in Paola Mancinelli
Rubrica a cura di Francesco Aprile
Paola Mancinelli, nata a Taranto nel 1974, approfondisce studi filosofici e teologici ottenendo il titolo di Magistero in Scienze Religiose. Artista visiva, si occupa di poesia e installazioni dove a dominare è la componente visuale e spaziale della parola. Attraverso la sua ricerca lega a doppio filo parola e struttura minimalista; l’itinerario poetico è liberato in una spazialità strutturalmente minima, essenziale. Nel 2013 è vincitrice del contest Bolognawaters, nella categoria parole fotografate. Ha pubblicato il libro “Poesia, tempo presente. La parola e il tempo”, per la collana “i quaderni del concetto” della Galleria Cosessantuno Artecontemporanea (Print Me Ed., Taranto 2014). È parte della redazione online della rivista “Atelier”.
Ad annodare parole, spazio, tempo e ritmo all’interno di una struttura minima, scarna, è quella radicale ricerca di senso che, nella liberazione stessa del testo dai suoi orpelli, l’autrice sembra perseguire; la forma rigorosa e minima tende ad articolare la parola nello spazio, secondo un procedimento che non è più quello di matrice mallarmeana del rapporto col vuoto, ma, al contrario, occupa lo spazio in una fuoriuscita dalla pagina che assume valore costruttivo. Più che contenere il mondo, vuole costruirlo. La parola, così, edifica uno spazio. La dimensione ultima del percorso è quella della messa a disposizione del lettore/fruitore di una realtà immersiva. Installazione e parola poetica risultano unite all’interno di questo processo di edificazione del mondo, ma è un mondo che – offrendosi attraverso una spiccata qualità immersiva – va attraversato, abitato. In questo caso, la “Somma teologica”, oltre ad essere il titolo di un’opera visiva dell’autrice, è anche modello metodologico di rigore formale di un percorso che vede nelle modalità di disposizione del testo nello spazio, l’elemento costitutivo del mondo e del processo esistenziale; il rapporto fra poetica e installazione permane, dunque, anche nel caso di una poetica lineare, a stampa, dove «nel buio diventare luce per passare di taglio, sotto le porte, come un tappeto» è aspetto sintomatico di una parola che si dà come plasticità, si stacca, si fa corpo più spaziale che vocale e il soggetto è immerso in questa dimensione, ancora una volta la attraversa.
L’equilibrio della poesia è indagato in una forma che non ha più a che fare col libro; una serie di parallelepipedi riportano versi poetici, sostenendosi a vicenda, in equilibro, simulando una versificazione libera. La stessa composizione muta quando i parallelepipedi vengono disposti non più uno sopra l’altro, ma per terra o in verticale poggiati alle pareti sancendo la strutturazione di un ritmo nella ripetizione dell’elemento formale; così, anche in “Poesia tempo presente. La parola e il tempo” questa tensione ritmica è ampliata nella misurazione di uno spazio, quale poteva essere la Biblioteca Provinciale N. Bernardini di Lecce in occasione della mostra, che veniva ridescritto, riformulato nella stesura ritmica dei testi sulle pareti, ma anche attraverso il ricorso a proiezioni e materiali diversi dalla carta, quali oggetti in metallo collocati nello spazio espositivo della biblioteca. Qui la parola diviene scena e nella sua fruizione agisce stimolando suggestioni attraverso il ricorso a brevi versi o parole depositate, nude, crude, che rimbalzano da una all’altra, inseguendosi. Il modus operandi dell’autrice, qui e altrove, rimanda alla poesia concreta, a quegli aspetti del minimalismo che in poesia portano ai one-word-poems o alle installazioni in cui il lavoro si concentra sulla resa luminosa della parola, dunque il ricorso ai neon, che ancora una volta isola il testo che nell’assenza di luce nello spazio finisce per creare esso stesso la spazialità, illuminandola, o annullando i caratteri fondamentali della costruzione; il richiamo è al minimalismo, i riferimenti spaziano da Nannucci a Flavin, da Lewitt a Kossuth, o, nel caso della “parola”, da Aram Saroyan (senza la torsione dei suoi neologismi) a Edwin Morgan fino alla qualità immersiva tipica dell’opera di Allen Ruppersberg, del quale però non conserva traccia né dei cromatismi né della dimensione “pubblicitaria” del testo. La parola, come nella poesia concreta, è liberata da ogni orpello sintattico e la natura minimalista della sua cifra “spaziale” conferisce spessore ad una ricerca formale che tende a rivelare il sovrappiù di senso del testo.
Poesia qualepoesia/01: Apertura per salti e altro dire
Poesia qualepoesia/02: Premessa storico-contestuale
Poesia qualepoesia/03: Unità di politica, arte e scrittura. La poesia visiva a Taranto
Poesia qualepoesia/04: Michele Perfetti
Poesia qualepoesia/05: Anni ’60. Ricerche verbo-visive in Puglia
Poesia qualepoesia/06: Un’altra pagina. Le ricerche intermediali a Lecce
Poesia qualepoesia/07: Le microscritture di Enzo Miglietta
Poesia qualepoesia/08: Una inesaurita ricerca. L’opera di Dòdaro tra parola e new media
Poesia qualepoesia/09: Franco Gelli. O poesia, o follia
Poesia qualepoesia/10: Antonio Massari. Oh abitare in una rosa di 25 stanze
Poesia qualepoesia/11: Giovanni Valentini. Particolari di una poesia come progetto
Poesia qualepoesia/12: Ilderosa Laudisa. Paesaggio umano
Poesia qualepoesia/13: Francesco Pasca. La singlossia nel racconto
Poesia qualepoesia/14: Vittorio Balsebre. Nel segno dei fotograffiti
Poesia qualepoesia/15: Fernando De Filippi. Arte e ideologia
Poesia qualepoesia/16: Altri luoghi e momenti del verbo-visivo in Puglia
Poesia qualepoesia/17: Oronzo Liuzzi. Elementi di una poetica esistenziale
Poesia qualepoesia/18: Vincenzo Lagalla. La parola come luogo
Poesia qualepoesia/19: Franco Altobelli. Il motivo dell’incognita come matrice
Poesia qualepoesia/20: Antonio Verri. Il corpo che racconta
Poesia qualepoesia/21: Raffaele Nigro. Il parlare sconvolto
Poesia qualepoesia/22: Edoardo De Candia, relazioni liminali del segno
Poesia qualepoesia/23: Lo svuotamento della scrittura. L’asemic writing in Puglia
Poesia qualepoesia/24: Antonio Noia. Geometrie: del segno, della parola
Poesia qualepoesia/25: Francesco S. Dòdaro: dal modulo all’Internet Poetry
Poesia qualepoesia/26: La strada nuova e il Laboratorio di Enzo Miglietta
Poesia qualepoesia/27: La scrittura mediterranea di Vittorio Del Piano
Poesia qualepoesia/28: Beppe Piano. Dinamiche variazioni di senso
Poesia qualepoesia/29: Glitch. Appunti per un itinerario pugliese
Poesia qualepoesia/30: Antonio Verri: metropoli, oggetti, altre scritture
Poesia qualepoesia/31: Le scritture di Vincenzo Ampolo e Marilena Cataldini
Poesia qualepoesia/32: Vitantonio Russo l’Economic Art
Poesia qualepoesia/33: Egidio Marullo: la scrittura defigurata
Poesia qualepoesia/34: Beppe Bresolin, elementi di poesia concreta
Poesia qualepoesia/35: I romanzi visivi di Mimmo Castellano
Poesia qualepoesia/36: Cristiano Caggiula: proliferazione di segni e criticità sociali
Poesia qualepoesia/38: Nadia Cavalera, Amsirutuf: enimma
Poesia qualepoesia/39: L’uomo come segno in disordine. Note sull’opera di Cristiano Caggiula
Poesia qualepoesia/40: Vittorino Curci, Inside 1976-1981
Poesia qualepoesia/41: Vittorino Curci, l’allargamento del segno
Poesia qualepoesia/42: Rossana Bucci, il taglio della superficie
Poesia qualepoesia/43: Fernando Bevilacqua, gestoscrittura: l’immagine, il suono, la traccia
Poesia qualepoesia/44: La radice informale nella verbovisualità di Vandagrazia De Giorgi
Poesia qualepoesia/45: Profili: Augieri, Carpentieri, Marrocco
Poesia qualepoesia/46: Sandro Greco e Corrado Lorenzo: La tela bianca
Poesia qualepoesia/47: Profili: Guido Pensato, Vito Capone, Dario Damato, Domenico Carella
Poesia qualepoesia/48: Tracce pugliesi nel gruppo “Le porte di Sibari”